lunedì 25 settembre 2017

INTERVISTA A DONATELLA PERULLO


Ciao Donatella, bentornata nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te. 

Ciao Linda, grazie per avermi invitata di nuovo, è sempre una gioia essere qui con te. Parlare di se stessi non è mai facile, neanche per chi, come noi, passa i giorni a raccontare vite. Sono una ragazzina nell’involucro di una donna adulta, una che ha fatto dei suoi sogni una ragione di vita. Vivo a Caserta da diversi anni, ma la mia città resta sempre Napoli, dove sono nata e cresciuta. Sin da piccola ho vissuto di passioni incondizionate: quella per gli animali, per i viaggi, per la lettura e soprattutto per la scrittura. Il mio primo romanzo lo scrissi a sedici anni, era un fantasy e provai una tale emozione nel raccontare, che capii che nessuna professione avrebbe potuto darmi di più in termini di appagamento. Tutti lo sanno che di scrittura non si vive, così ho iniziato a lavorare da giovanissima come impiegata, guadagnandomi una discreta carriera. Il fallimento dell’ultima azienda per la quale ho lavorato però, coincise con la mia maternità e così, grazie al mondo in cui viviamo, trovare una nuova occupazione divenne una chimera. Fu in quei giorni che decisi di riprendermi il mio tempo e dedicarmi anima e corpo alla scrittura. Una strada tutta in salita, ma finalmente eccomi qua che raccolgo i primi succosi frutti della mia testardaggine.

Dove trovi il tempo per scrivere, e quando si è accesa in te tale passione?

Ero piccolissima, avevo nove anni e papà mi raccontava di quanto gli piacesse leggere e vivere attraverso le pagine, le avventure più inimmaginabili. Mi trasmise così la passione per la lettura e poco dopo la scintilla scoccò e iniziai a desiderare creare storie e sognare facendo sognare. Avevo nove anni quando scrissi il mio primo racconto. Il tempo che oggi dedico alla scrittura lo rubo a tutto, alla casa, alla famiglia, alle altre mie passioni e spesso al sonno, come puoi immaginare.

Hai partecipato a diversi concorsi letterari, aggiudicandoti vari premi. Tra questi, ricordiamo la tua partecipazione al torneo “Io Scrittore”. Com’ è stata questa esperienza?

Quello con il concorso letterario Io Scrittore è un rapporto di odio-amore. Lo consiglio fortemente a chi vuole mettersi alla prova, non tanto per la possibilità di ottenere un buon contratto editoriale, che è un’ipotesi molto remota, ma per la certezza di ottenere un confronto diretto e spietato con tutto ciò che incontrerà, perseverando in questo cammino. Ho partecipato alle prime tre edizioni del torneo, la seconda e la terza volta sono arrivata in finale e ho imparato moltissimo, nel bene e nel male. È stato come scendere in un’arena, ma è stato istruttivo e fortificante. In più ho conosciuto tantissimi colleghi con i quali intrattengo ancora oggi un rapporto di stima e di profonda amicizia.

Nel 2014, esordisci con il romanzo fantasy “Lacrime di ametista”. Perché ami tanto il fantasy?

Il fantasy è stato il primo genere al quale mi sono avvicinata come lettrice. Non ricordo quanti anni avevo, ma ero poco più che una bimba quando mio padre mi consigliò "La spada di Shannara". Lessi il primo volume della trilogia senza sapere a cosa stavo andando incontro e scoprii un mondo. Restai estasiata dai paesaggi, le creature, le avventure e iniziai a sognare di poter creare un universo mio, diverso da tutto, dove potermi muovere attraverso i miei personaggi in piena libertà e viaggiare affrontando mille avventure. Sono stata sempre affascinata anche dal fiabesco e dal sopranaturale, da tutto ciò che non è facilmente spiegabile con la scienza. 
Questo mi ha portato a scrivere, in adolescenza, i miei primi due romanzi fantasy e, in età adulta, la trilogia di cui "Lacrime d’ametista" è il primo volume. La trilogia è stata la scrittura più impegnativa che ho affrontato. Ho impiegato quasi un anno e mezzo per mettere a punto la trama e per creare nei dettagli il mondo in cui si muovono i personaggi, ho studiato i caratteri di ognuno di loro e ho creato il loro passato prima di iniziare a narrare del loro presente. La stesura è stata altrettanto impegnativa, ma soprattutto esaltante. Sì, lo confesso, tra tutte quelle che ho scritto, è la storia che amo di più. 

  Nel 2015, pubblichi in self l’horror “Nemesi”. Daccene un assaggio.

"Nemesi" è l’altra faccia della medaglia, rispetto alla trilogia. È un horror-fantasy nato perché accettai la sfida di partecipare a un contest a tema zombie indetto da una casa editrice digitale. Avrei dovuto scrivere un racconto di trentamila caratteri, lo feci, non fu selezionato, ma la scintilla ormai era scattata e così portai avanti il mio viaggio, continuando a seguire il binario diverso, lungo il quale mi ero incamminata. Nacque così "Nemesi", che decisi di pubblicare in self e che mi ha dato tante, tante soddisfazioni. 
Vuoi un assaggio, cara Linda? Perché no, sono felice di far conoscere Miriam a chi non l’ha ancora incontrata.

[...] Miriam aprì gli occhi. Provò a sollevarsi, ma qualcosa la teneva immobilizzata al letto. La gola le bruciava e sentiva lo stomaco contrarsi per i morsi della fame. Deglutì, ma questo servì solo ad acuire il dolore all’esofago.
«Bentornata figliola.» La voce di Reaper voleva essere rassicurante, ma lei la accolse con un brivido.
Abbassò di nuovo le palpebre e si concentrò sull’odore di farmaci che pervadeva la stanza. Non ricordava cosa le fosse successo, tutto era confuso, poi sprazzi di immagini le saettarono come lampi nella memoria.
Un cronista impaurito assalito da strani esseri, Cochise che masticava carne sanguinolenta, il corpo di Adam martoriato, sangue ovunque, orrore dentro e fuori di lei e poi suo padre così tranquillo e risoluto, che non era riuscito a infonderle sicurezza, ma raccapriccio.
Emise un urlo gutturale nel ricordare. Si contorse tentando con tutte le forze di ribellarsi a quella prigionia, ma senza successo. Sbarrò gli occhi e voltò di scatto la testa cercando colui che l’aveva messa al mondo, lo stesso che l’aveva appena uccisa.
«Che cosa mi hai fatto?» ringhiò a denti stretti, disperata.
Grimm Reaper fece segno ad Ares di restare in disparte e si avvicinò al letto sul quale aveva fatto immobilizzare la figlia: «Ti ho salvata da morte certa. Ti ho dato la vita per la seconda volta.»
«Ho fame» rispose sofferente Miriam «come non ne ho mai avuta.» si sorprese a dire.
«Se prometti di restare calma ti darò del cibo e poi tutto ciò di cui avrai bisogno.» Assicurò Reaper misurando le parole e fissandola negli occhi.
Miriam deglutì di nuovo. Una scossa gelida le percorse il corpo facendole tremare le mani. Annuì. D’improvviso si sentiva arrendevole. Avrebbe potuto sopportare qualsiasi cosa, ma non quella fame atavica, lancinante, che le squassava le viscere.
Reaper si voltò verso uno degli uomini che lo affiancavano e imperò di liberarla. Il comando fu eseguito e Miriam poté finalmente mettersi a sedere. Tirò le gambe giù dal letto e si strinse la testa fra le mani. Una cascata di capelli biondi le coprì il volto stravolto.
«Perché mi sento così? Sto male. Non so cosa tu mi abbia fatto,» mormorò sconfitta «ma non capisco perché mi hai voluta punire così.»
«Punirti? Non ti ho punita, ho voluto tenerti con me, al mio fianco per sempre.»
Miriam iniziò ad affannare. Le forze vennero a mancarle, le mani le si contorsero fino ad assomigliare ad artigli. Le parole che avrebbe voluto pronunciare le rimasero bloccate in gola.
Grimm Reaper la osservò paziente, poi le voltò le spalle e si avvicinò a un piccolo tavolo. Prese un vassoio e glielo porse:
«Hai bisogno di nutrirti Miriam.» Mormorò passandole il cibo vicino al viso chino.
Miriam gonfiò il torace riempiendosi i polmoni di quell’odore al contempo dolciastro e metallico. Sollevò lo sguardo e fissò la zuppiera colma. Sgranò gli occhi alla vista del cervello umano con ancora attaccato parte del midollo spinale.
«L’ho liberato dell’amigdala perché ti avrebbe resa instabile ora che non sei ancora forte.» le spiegò premuroso il padre.
Miriam sollevò le labbra in un’espressione di furia e sconvolgimento, poi afferrò il cervello con entrambe le mani e lo sbranò, avida. [...]


Nel 2016 esce l’antologia a più mani, dal titolo “Sposa per sempre”, ispirata alla leggenda di Pascualita, tradotto poi anche in spagnolo. Parlacene. 
 
L’idea dell’antologia mi venne leggendo un articolo che parlava della sposa cadavere esposta in un atelier di Chihuahua, in Messico. La leggenda di questa ragazza che sarebbe stata imbalsamata dalla madre che non ne accettava la morte e le immagini incredibili di quel manichino (è un manichino?), mi solleticò la fantasia al punto che coinvolsi quattro miei cari amici e colleghi e chiesi loro di metterci alla prova e riscrivere ognuno a modo suo e in base alla propria sensibilità, quell’affascinante leggenda. Ne furono entusiasti e credo che questo si percepisca leggendo i cinque racconti che compongono la raccolta e che sono tutti notevoli. 

 
E, nel 2017, pubblichi il noir “Il gioco del ragno” per Fanucci Editore. Cosa troveranno i lettori all’interno?

I lettori si troveranno dinanzi una storia ricca di colpi di scena, un intreccio di passato e presente che si dipanerà solo nel finale, un racconto ricco di sentimenti, di dolore ma anche di riscatto e speranza. "Il gioco del ragno" è un poliziesco e ha tutte le caratteristiche per esserlo, ma non è solo quello. Il commento più bello mi è arrivato da un lettore sconosciuto che mi ha scritto in privato per ringraziarmi perché, a suo dire, per la prima volta dopo anni finalmente aveva trovato un romanzo che provoca dipendenza. Che cosa può desiderare di più un autore? 



https://www.amazon.it/Il-gioco-del-ragno-TimeCrime-ebook/dp/B072XVP9G7/ref=tmm_kin_swatch_0?_encoding=UTF8&qid=&sr=
 

Quali tematiche affronti, e quale messaggio vuoi trasmettere?

La cronaca è piena di vicende drammatiche, ci parla troppo spesso di crimini efferati che provocano vittime, di delitti che troppo spesso sono causati da retaggi culturali malsani. Prima di iniziare a scrivere questo romanzo mi sono chiesta che conseguenze potesse avere un crimine oltre a quelle immediatamente constatabili. Vittima deve essere considerata davvero solo chi perde la vita o anche chi sopravvive, i familiari, i sopravvissuti? Cosa accade a chi resta con il peso di ciò che è accaduto? Che prezzo paga? Ho cercato di dare uno spunto di riflessione sulla questione e affronto un tema che purtroppo oggi è tristemente attuale, il femminicidio e lo faccio da una prospettiva forse diversa rispetto al consueto. Con "Il gioco del ragno", insomma, spero di riuscire a divertire, emozionare, ma anche far riflettere.

Self Vs Ce. Li hai provati entrambi, pregi e difetti?

Mi metti in difficoltà. Diciamo che la pubblicazione in self è stata un’esperienza molto interessante e costruttiva e che oggi sono felice di essere stata scelta da un editore del calibro di Sergio Fanucci che ha una professionalità consolidata, grazie alla quale spero di avere la possibilità di crescere professionalmente.

Hai qualche altro progetto in cantiere?

Sì! Ti do in anteprima una notizia che mi emoziona. Il prossimo 28 settembre uscirà in tutte le librerie, il mio primo romance. S’intitola "Dolce risveglio" e spero che farà sognare le lettrici così come ha emozionato me scriverlo. È la prima volta che approccio a questo genere come autrice. Sono una lettrice onnivora e amo molto leggere anche le storie più romantiche, ma non avevo mai pensato di scriverne una finora. Riuscirò a farvi innamorare di Matteo? Non vedo l’ora di saperlo. 


È stato un grande piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo per tutto!

Grazie Linda, è stata una vera gioia essere di nuovo qui. Lunga vita al lupo!


Per seguire Donatella  DONATELLA PERULLO - AUTORE


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