martedì 28 febbraio 2017

BLITZ RELEASE - NON MENTIRMI di Sagara Lux

Oggi, torna a trovarmi la brava Sagara Lux in occasione dell'uscita del suo nuovo romanzo erotico-suspense dal titolo "Non mentirmi", di cui abbiamo già avuto un assaggio nel mese scorso.
Finalmente è online e possiamo darvi qualche piccola anteprima.
Andiamo a sbirciare!

 




SINOSSI: Nathan Blair nasconde un segreto.
A Miranda basta un semplice sguardo per percepire in lui qualcosa di affascinante e spaventoso al tempo stesso; qualcosa che l'attira al punto da farle mettere da parte la carriera di violinista e investire tutta se stessa nella ricerca della verità.
Miranda De Luca possiede un talento.
Il suono del suo violino riesce a penetrare le barriere della mente di Nathan. Risveglia le ombre del suo passato e riporta alla luce qualcosa che credeva di avere sepolto per sempre.
Miranda è la stella che brilla sul palcoscenico.
Nathan è il mostro che la osserva nell'ombra.
Uno dei due mente, l'altro vuole scoprire la verità.
È per questo che scendono a un patto pericoloso e sensuale, che li costringerà a rivelarsi per quello che sono e legherà per sempre le loro vite, i loro corpi... E i loro segreti.

DOVE TROVARLO: AMAZON

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Eccovene qualche assaggio!










L'AUTRICE: Sagara Lux crede nelle seconde occasioni, benché la vita non gliene abbia mai concesse.
Non ama parlare di sé, ma ama scrivere e dare a vita a personaggi capaci di colpire stomaco e cuore insieme. 
Se volete, potete trovarla qui.

 

 

ALTRE OPERE DI SAGARA LUX

                        

lunedì 27 febbraio 2017

Le autrici EWWA - INTERVISTA A LINDA LERCARI



Ciao Linda, benvenuta nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.

Salve, grazie dell'accoglienza e un saluto a tutti coloro che stanno leggendo in questo momento.  Anche se questa è una zona “virtuale” mi sento emozionata come se fossimo dal vivo. Internet, per questo, è un mezzo favoloso. Di me, infatti, non ho una concezione legata al territorio in cui vivo. Abito vicino Pisa, ma sin da bambina ho dovuto traslocare spesso per il lavoro di mio padre nella Marina Militare, quindi ritengo che il Mondo sia la mia casa. Ho gli stessi anni dei gatti in fila per sei col resto di due e mi piace imparare sempre cose nuove. La curiosità mi spinge costantemente e mi sprona a studiare e a gustare i mille aspetti che la vita ha da offrire. Ogni mio sforzo, però, è dedicato alla scrittura. Qualsiasi azione io compia è sempre finalizzata a migliorare le mie storie e a renderle più corpose e interessanti: per questo pratico un'arte marziale e recito in teatro.

Quando hai deciso di impugnare carta e penna e dedicarti alla scrittura?

Non è stata una vera e propria decisione, ma la prosecuzione delle storie che scrivevo nei temi scolastici. Mettere su carta quello che pensavo è sempre stato naturale, poi, più o meno nel 1989, ho cominciato a scrivere racconti brevi. Il primo in assoluto era ispirato al tema della “maschera e volto” tanto caro a Pirandello.  Se penso che per anni ho utilizzato una macchina da scrivere... Un'Olivetti a carrello lungo pesantissima. Adoravo quella macchina. Anche adesso potrei chiudere gli occhi e percepire il suono dei tasti e il cicalino di fine corsa.

Pratichi l’arte marziale del Kendo. Parlaci di questa passione.

Mio marito ha cominciato ad allenarsi nel 1998 e io sono sempre stata affascinata da quella disciplina, ma anche spaventata dal sacrificio e dalla costanza che essa impone. Nel 2011 decisi di provare perché sentivo che avevo bisogno di qualcosa che indirizzasse la mia energia, che “incanalasse” la mia troppa irruenza. Ho conosciuto un mondo fatto di rispetto e di onore, una dimensione dove il coraggio viene coltivato e si capisce quali siano i propri limiti e come superarli.  E' un'arte, un'arte marziale, per me necessaria le processo di scrittura. Da quando pratico il Kendo ho la mente più serena e le idee più chiare su quello che voglio scrivere. Meditazione, azione fisica, tutti elementi necessari. Scrivo di quello che provo sulla pelle, scrivo di samurai perché mi trovo ad affrontarli di persona. Quando mi allaccio le protezioni tradizionali e respiro l'aria satura di concentrazione mi rendo conto che è come se noi tutti, allenandoci, stessimo scrivendo una storia. La spada è la penna: chi uccide di più?

Sei stata attrice della compagnia Next Artists di Viareggio,  specializzata in testi di Shakespeare rigorosamente in lingua originale; hai partecipato a vari corsi di  prestigio e fai parte del TOF (Testo Originale a Fronte) e di un gruppo di scrittori satirico-noir chiamato ‘I Nove Facoceri’. Cosa rappresenta per te l’arte e la recitazione in particolare?

Ciò che mi affascina è il testo. Mi piace immergermi nelle battute e pensare a cosa realmente esse vogliano significare. La sfida maggiore è stata confrontarmi con le parole inglesi. Per più stagioni sono stata un Rosencrantz disilluso e amareggiato dalla follia di Amleto, ma mi sono divertita a giocare con il ritmo cambiando il rapporto coi vari personaggi/attori. In questo i testi di Shakespeare sono formidabili grazie alle rime, alle assonanze e alla cura in ogni parola. Anno dopo anno ho persino elaborato una teoria tutta personale su Amleto, ma non vorrei annoiarvi con le mie elucubrazioni.   Con il TOF lavoriamo tantissimo sul testo poetico. Passiamo serate intere discutendo su temi comuni e cercando quale sia la lettura migliore attenendoci alle istruzioni metriche degli autori. Di tanto in tanto siamo anche grandi fantasisti.  I Nove Facoceri,  invece, sono un gruppo di scrittori nato dal sito 20lines, con loro ogni racconto diventa uno spasso fra satira e e trovate che hanno dell'onirico.  Ecco, tutto questo è l'arte. L'arte è il vivere ogni sensazione tentando di condividerla con prossimi o sconosciuti riproducendo quello che si prova, ma dandogli una forma nuova, quasi solida, affinché essa venga assaporata. La recitazione è far provare i miei sentimenti, i sentimenti del personaggio, a chi mi sta guardando creando una sorta di empatia.

Esordisci nel 2012 con la silloge  “Il vecchio e il nuovo: cinismo, scetticismo e veganesimo”, successivamente tradotto in giapponese. Perché la poesia?

Non ricordo un solo giorno della mia vita in cui non abbia scritto qualche verso.  Se i primi lavori strutturati sono stati dei racconti posso comunque affermare che scrivere poesie mi ha sempre accompagnata in ogni fase della mia esistenza. Ho cominciato a perfezionare lo stile solo in tempi recenti, soprattutto dedicandomi a un maggiore studio della metrica. La poesia ha regole e strumenti ben precisi che voglio e devo padroneggiare di più. Inoltre ci sono emozioni che posso esprimere solo così. Persino nel mio romanzo storico mi sono aiutata con dei componimenti poetici per sottolineare certi concetti.

Nel 2014 pubblichi alcune sillogi e il romanzo gotico “Vittima Immortale”. Daccene un assaggio.

Molto volentieri.

[...] Guardò Samuel e fu come se lo vedesse per la prima volta. L'amico di sempre gli appariva adesso come un concentrato di blasfemia e cattiveria. Stava in piedi accanto a lui attendendo di conoscere quali piani avrebbero potuto progettare per catturare la loro agognata preda. Gli occhi famelici brillavano inquieti. Possibile che la Vittima Immortale fosse così necessaria per lui? Ricordò i secoli passati insieme. Povero eterno bambino. Prigioniero di un corpo che, oramai, non comprendeva più. Non poteva giudicarlo negativamente solo perché anelava la maturità fisica, era ingiusto nei suoi confronti; eppure sino a che punto il fine poteva giustificare i mezzi? [...]

Ti diletti anche in racconti e partecipi a diverse antologie Delos Digital. Romanzo Vs. Racconto, chi la vince?

Se questa domanda mi fosse stata rivolta cinque  anni fa avrei risposto senza esitazione “Racconto”.  Alla luce di quanto maturato col tempo capisco che il Romanzo è più difficile, ma regala maggiore soddisfazione. Ho tempo di delineare i personaggi, parlare di ogni sfaccettatura della loro esistenza ed essi mi accompagnano non più come fugaci comete, ma come stabili pianeti. Da alcuni romanzi che ho scritto non riesco neppure a separarmi e spesso mi trovo a pensare ai protagonisti come a dei vecchi amici.  Il Racconto rimane efficace per messaggi lapidari, non abbandono il mezzo, ma ne sono meno affascinata.

Nel 2016 pubblchi il romanzo storico “L'ombra di cenere”. Cosa troveranno i lettori al suo interno?

Risposta breve? Un pezzo della mia vita. Un brandello accuratamente tagliato a fil di spada e cucito sulla carta.
Per chi ama risposte più strutturate posso aggiungere che troveranno la storia di un rapporto lungo tutta un'esistenza fra due samurai dal comprovato onore e dall'innata bravura in battaglia. Un nobile signore e il suo più fedele guerriero. Una vita intera passata nella menzogna perché quest'ultimo conserva sino alla morte uno scandaloso segreto capace di sconvolgere il loro rapporto.  Non mi è concesso dire altro se non che si tratta della prova di un grande amore, un amore per il quale si arriva a sacrificare se stessi.


https://www.amazon.it/dp/B01N68Z7MQ/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1486419951&sr=1-1



Qual è stato l’input per questo libro?

Più di quattro anni fa il mio maestro di Kendo, Maurizio Lipparelli della SKL, ci spiegò il suono che doveva produrre un fendente con una lama giapponese e si espresse dicendo “L'eco dell'unico suono”. Questa frase mi colpì a tal punto che dovetti interrompere l'allenamento per segnarla su un taccuino.

Quali tematiche affronti e quale messaggio vuoi trasmettere?

Ovviamente amore, morte, fedeltà e passione. Vorrei che i lettori capissero che non importa se si è piccoli e deboli: una grande passione può sostenerci sino ad arrivare a risultati inimmaginabili. 
Amore e morte sono gli indicatori di quanto sostengo fermamente: 
1) l'amore è sempre crudele
2) si può condurre una lunga vita senza riuscire a capire che la felicità è a portata di mano. 

Il tuo pensiero sul self- publishing?

Può essere una forma di pubblicazione interessante, ma ha creato col tempo un'offerta enorme in cui è difficile trovare buoni autori da leggere. Io per prima mi rendo conto che ogni scrittore necessita della revisione di un editor professionale. Nessuno scrittore è editor di se stesso. Da “Vittima Immortale” che lascio così com'è – a ricordo del percorso fatto – a “L'ombra di cenere” sono passati secoli di studio, lavoro, limatura.  Non so se tornerei a pubblicare in self, ma se lo facessi mi appoggerei comunque a un revisore professionista.

Sei membro dell’associazione EWWA. Di cosa si occupa nello specifico e la consiglieresti alle tue colleghe?

Questo è il secondo anno di appartenenza alla EWWA quindi sono ancora agli inizi. E' un'associazione tutta al femminile di figure professionali nel campo dell'editoria. Vi sono traduttrici, scrittrici, editor. Stanno creando una vera e propria rete a sostegno delle varie figure professionali con meeting, corsi e workshop. Se qualcuna ha delle domande trova sempre chi può rispondere in modo esaustivo e fra noi c'è un bel rapporto sereno e aperto. Ho partecipato a un paio di incontri e mi sono sentita subito accettata da persone che non avevo mai visto prima. Consiglio di associarsi perché l'unione fa la forza e in un campo in cui è già difficile lavorare riuscire a confrontarsi con persone del settore è molto utile. Hanno un bel sito in continuo aggiornamento e offrono vari modi di partecipare attivamente a  chiunque voglia prendersi un impegno serio.

Hai qualche altro progetto in cantiere?

Sto scrivendo quello che ho definito il “Romanzo d'odio”.  Come esiste il romanzo d'amore sto progettando il suo esatto contrario. La storia di due che si amano alla follia, ma il loro rapporto è costantemente turbato da incomprensioni e ostacoli. Mi sono un po' ispirata a "Via col vento", ma sto utilizzando soprattutto situazioni tipiche dei “Romance” in cui a ogni azione corrisponde una reazione... Contraria.

È stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo!

Il piacere è stato mio, ringrazio di cuore per l'ospitalità e spero di non essere stata troppo prolissa. Il mio difetto peggiore? Non ho il dono della sintesi. Grazie a chiunque abbia letto, un caro saluto.

Per seguire Linda  LINDA LERCARI


Booktrailer




venerdì 24 febbraio 2017

Quel Libro nel Cassetto - IL FASCINO SEGRETO DELL'ORRORE di Macrina Mirti


Come ogni mese torna la rubrica #quellibronelcassetto dedicato ai consigli agli autori emergenti e non.
L'Ospite Speciale di oggi è MACRINA MIRTI che ci guiderà in un interessantimento argomento come un perfetto Cicerone.
Laureata in Lettere e insegnante di Italiano e Storia,  ha esordito nel 2006 con Piccoli omicidi di Provincia sotto lo pseudonimo Maria Cristina Grella; ha all'attivo una decina di romanzi pubblicati sia sotto pseudonimo che non, molti dei quali editi da Delos Digital.
Socia di EWWA e collaboratrice del blog Babette Brown legge per voi, si considera una scrittrice multigenere, anche se preferisce scrivere storico. Ritiene che l’amore e la morte siano due aspetti della vita e come tali debbano essere trattati.




L'argomento che tratteremo oggi sarà un genere letterario gettonato e molto amato, l'HORROR. Largamente diffuso e utilizzato da cinema, serie televisive, romanzi e racconti. Ma come approcciarsi a un genere che puà sembrare solo in apparenza "facile"? Quali lineee guida seguire? Quali errori non commettere e consigli seguire?
Ce lo spiega Macrina Mirti in questo interessante articolo.


IL FASCINO SEGRETO DELL'ORRORE



Una definizione di romanzo horror: credo che, per essere definiti tali, un racconto e/ o un romanzo devono far leva sulle nostre paure più ancestrali e segrete. Quelle dalle quali tutti noi siamo tormentati, seppure in maniera inconscia. Da piccoli, abbiamo paura del buio, piangiamo se rimaniamo soli, temiamo i posti e le persone sconosciute. La nostra fantasia si inventa strani mostri, streghe cattive e uomini neri. Guai se non ci fosse una madre sempre pronta a consolarci e a rassicurarci.
Poi si cresce, si diventa adulti e razionali, il bambino che eravamo tace. Niente streghe, niente uomini neri, niente paura dei luoghi bui. Quello della morte è un pensiero lontano. Ci sentiamo invincibili, indistruttibili, eterni.
Ma c’è un ma. Nascoste in fondo al nostro cuore, le paure del bimbo non si sono mai sopite. Nonostante tutte le strategie che utilizziamo per non pensarci, ognuno di noi sa che, prima o poi, la Nera Signora si presenterà alla nostra porta e ci trascinerà via, lontano da tutti quelli e da tutto ciò che amiamo, in un mondo buio e freddo, senza luce e senza vita. Un giorno il nostro cuore cesserà di battere e verremo rinchiusi in una cassa di legno e gettati in una tomba. Presto, il mondo che amavamo si dimenticherà di noi. Ẻ l’unica cosa sicura che ci attende, al momento della nostra nascita, e non potremo evitarla in nessun modo. Nonostante i grandi progressi scientifici abbiano reso la nostra esistenza migliore e molto più lunga di quanto fosse quella degli uomini vissuti in epoche precedenti, il nostro percorso terreno è destinato a terminare. Destabilizzante, per l’uomo che si crede Dio e che a lui si è sostituito.

Nonostante la storia abbia conosciuto epoche terribili, in cui l’orrore era strettamente correlato alla vita degli uomini che vivevano allora, non si può parlare di romanzo fantastico né di romanzo dell’orrore fino all’ultimo quarto del XVIII secolo, quando Horace Walpole e Ann Radcliffe pubblicarono le loro prime opere.
Sono cosciente che, ai lettori di oggi, l’Inferno di Dante può sembrare la più grande storia dell’orrore che sia mai stata scritta e che alcune cronache dell’Inquisizione controriformista sono davvero terrorizzanti. Per gli uomini del tempo, però, non lo erano. Le pene infernali erano percepite come giuste punizioni della divinità e i grandi falò in cui si bruciavano streghe, ebrei, eretici e quant’altro, servivano solo a ristabilire il giusto ordine delle cose da parte del potere divino.
Tutto cambia, però, quando la rivoluzione scientifica prima e l’Illuminismo poi fanno intravedere agli uomini la luce della Ragione. Ecco che l’uomo non dovrebbe più temere una divinità spietata e crudele. Ma la Ragione trionfante e l’Illuminismo sfociano nel bagno di sangue più atroce che la storia abbia mai conosciuto, il Terrore, e le monarchie europee sono sostituite da un unico, devastante impero, che avanza al seguito di un esercito portatore di morte, distruzione e disperazione (non di libertà). La Scienza e la Ragione hanno clamorosamente fallito e all’uomo non resta altro che confrontarsi con la propria solitudine e le proprie paure.

Ecco quindi che il racconto e il romanzo del fantastico e quello dell’orrore si sviluppano nella stessa prospettiva da cui ha origine la grande lirica romantica. Il romanzo dell’orrore indaga la natura umana, gli aspetti oscuri, contraddittori e irrazionali che la Scienza e la Ragione avevano sempre negato. Così, scrittori come Hoffmann, Mary Shelley, Stevenson, Poe, Dickens, Maupassant e lo stesso Verga inventeranno un mondo da incubo, popolato da fantasmi e mostri, scatenando terrori ancestrali e incontenibili.
Accadrà la stessa cosa anche alla fine dell’Ottocento, quando il Positivismo trionfante finirà in un altro, terribile bagno di sangue e un uomo, da Vienna, scaverà nell’animo umano, per capire come esso funzioni.
Strano a dirsi, ma ogni volta che la Scienza e la Ragione si sbarazzano di tutto ciò che ha a che fare con il divino e il soprannaturale, l’orrore si impossessa nuovamente del cuore degli uomini. Sarà meglio confessarlo chiaramente: siamo esseri insignificanti, attaccati a un piccolo pianeta che ruota a velocità pazzesca intorno al proprio asse e intorno a una delle stelle minori di una galassia sperduta, alla periferia di un universo infinito. Per dirla con Pascoli, la Terra è un “atomo opaco del male” e noi ci stiamo sopra, arroccati come formiche al loro formicaio. Credetemi: c’è veramente poco da stare allegri.
In quest’ottica, ogni nostra sicurezza scompare. La realtà spazio- temporale si annulla. Noi vediamo stelle e galassie che sono morte milioni di anni fa e, se qualcuno ci osservasse da una stella non troppo lontana, potrebbe intravedere le prime scimmie bipedi agitarsi impaurite nella savana. Il qui e l’ora non esistono più. Sono due concetti relativi che noi crediamo assoluti solo perché ci troviamo in questo punto estremo dell’Universo. E allora, che cosa è vero e che cosa non lo è? Impossibile dirlo. 

Ecco. Secondo me, l’orrore nasce proprio dal sentirsi piccoli e impotenti, privi di sicurezza, abbandonati nello spazio infinito senza una qualsiasi rete di protezione. L’orrore è generato dall’inquietudine e dal non avere più punti di riferimento certi. Credo che Gabriele D’Annunzio avesse capito perfettamente l’essenza del problema quando, più di un secolo fa, scriveva: “la scienza ci ha tolto Dio dal cielo e non ci ha dato nulla in cambio”.
Penso che, per capire cosa sia davvero la letteratura horror, bisognerà partire proprio da qui. L’orrore non è sangue, o, almeno, non è solo quello. Troppo sangue, troppe carneficine, come si vede oggi al cinema o in certi romanzi, non è horror. Ẻ splatter. Se si esagera, diventa addirittura comico. Liberatorio.
Il vero orrore è inquietudine e mistero. Ẻ un qualcosa che ti rode dentro e ti divora a poco a poco, mordendoti le viscere e togliendoti il respiro, perché poggia sulle nostre paure più intime e segrete. Su quelli che io (e molti altri, naturalmente) chiamano gli archetipi. 
(Per "Achetipo" si intende un modello che fa parte del nostro inconscio collettivo, della nostra cultura e della nostra storia, che solo in un secondo momento si sviluppa nella nostra coscienza individuale. Per esempio: tutte le culture temono la morte, le case stregate e i fantasmi, ma le persone cominciano a temerle solo a un certo punto della loro vita.)
Vogliamo vedere quali sono?

1) La paura della morte;

2) Il fantasma;

3) La casa stregata (o quello che Stephen King chiama “il brutto posto”);

4) L'Altrove;
 
5) Il mostro (sia esso un demone, un vampiro, un lupo mannaro, un alieno);

6) La tomba e la sepoltura (casomai da vivo);

7) La follia;

8) La possessione diabolica:

9) Morti viventi.

Della paura della morte, abbiamo parlato ampiamente. Quando si muore, si va in luogo dal quale nessuno è mai tornato. Molti lo chiamano “Altrove”. Nessuno di noi sa che cosa succede quando il nostro cuore smette di battere e il cervello si spegne. Finisce tutto lì? Sembrerebbe di sì, eppure, nessun uomo si è mai rassegnato. Sono tanti gli scienziati che hanno provato a studiare il fenomeno della morte. 
L’anima esiste? E se esiste, quanto pesa? Ventun grammi, sembra. E poi, noi siamo fatti di atomi, di materia, e la scienza ci dice che la materia non si distrugge, ma torna a far parte del ciclo continuo della vita. Allora, cosa resta di noi dopo la morte? Solo polvere? E le nostre emozioni, i nostri sentimenti, la nostra energia, la nostra forza psichica? Si distruggono anche loro? Perché tutti quelli che sono tornati da uno stato di premorte o di morte apparente raccontano sempre la stessa storia? Perché parlano sempre di un corpo astrale che vede ogni cosa dall’alto, di una barriera di luce da attraversare, del senso di gioia e di serenità infinita che sentono quando stanno per trapassare? Per tutti, tornare nel proprio corpo è doloroso. Gli scienziati, però, ci dicono che quelle sensazioni sono opera del cervello, che invia determinati impulsi al corpo per evitare la sofferenza. Ma non tutti credono a questa teoria. Allora, chi si ferma davanti alla luce e torna indietro perché viene richiamato nel proprio corpo (come Anna Messeri, di “Tutti temono coloro che sono tornati”) continua a vivere e può raccontare la propria esperienza. Ma se qualcuno si rifiuta di attraversare la luce e torna indietro perché ha dei conti ancora in sospeso con il suo passato e non trova più un corpo dove reincarnarsi, che cosa succede? 

Ecco che incontriamo un altro dei nostri archetipi. Forse il più temibile: il fantasma.
La radice di "fantasma" (Phàntasma) in greco è la stessa di fantastico (Phantasticòs) e allude all’irruzione di elementi ignoti e perturbanti nel nostro quotidiano. Il fantasma è una presenza che non appartiene più al nostro mondo: viene dall’Altrove ed è lì che deve tornare. I fantasmi sono sempre inquietanti, ma non sono tutti cattivi. Spesso, come suor Agnese de “I suicidi vanno all’inferno”, essi hanno un compito: quello di proteggere i vivi per purificarsi dai propri peccati. Purtroppo, però, il più delle volte i fantasmi sono malevoli e cercano vendetta. In genere, il fantasma è “colui che torna”. Lo spirito maligno di un passato che non è morto e che continua a influire sul presente fino a diventare più importante dell’attimo che stiamo vivendo. Ecco perché, spesso, le storie dell’orrore (scusate se mi riferisco a “I Suicidi vanno all’inferno”) hanno sempre un doppio spazio temporale. 
Il fantasma che mi tormenta, oggi, ha vissuto la sua vita in un periodo storico precedente, ma l’eco delle sue azioni e delle sue emozioni sopravvive. Per cui, se voglio fare in modo che trovi la pace e la smetta di rompere, devo fare un viaggio nel passato e scoprire che cosa vuole da me. Che cosa, nella sua vita, non è andato per il verso giusto e come posso aiutarlo.

Quando vi parlo del Brutto Posto, è logico che mi venga subito in mente la Casa Stregata. In molti paesi d’Italia, quando una casa è vecchia, cadente, abbandonata da molto tempo, si dice che dentro abbia “il fraticello” o “il morticino”. Mio padre comprava solo case nuove, perché aveva paura che il dolore e le sofferenze vissute all’interno di una dimora si potessero ripercuotere negativamente sui suoi abitanti. Mia nonna ha vissuto per un certo tempo in una “casa maledetta” e se ne è scappata via a gambe levate. Quando ero studentessa, vivevo insieme ad altre ragazze in una bella casa. Quando, però, una di noi scoperse che in uno dei bagni si era suicidato il figlio della padrona, scoppiò l’inferno. La notte andavamo in bagno in tre, tenendoci per mano. Questo perché esiste in ognuno di noi l’intima convinzione che le case assorbano le gioie e i dolori di chi ci ha vissuto. Tenetelo presente, se scrivete un horror. E ricordatevi anche che fantasmi, mostri e demoni vivono proprio nelle Case Stregate. Anzi, molto spesso il “Brutto Posto” sorge su una porta dimensionale, da dove è possibile raggiungere l’Altrove e viceversa.

L’Altrove è il luogo da cui vengono i mostri e i demoni. Potete chiamarlo Inferno, Ade o Valle oscura, tanto, il risultato non cambia. E’ meglio starne lontani, soprattutto se si è ancora vivi, anche perché sembra proprio un posto orribile, dato che tutti cercano di venirne fuori, in un modo o nell’altro.

La Tomba è la fine di tutto. A me è rimasta sempre impressa la “tomba ignuda” dove giaceva la povera Silvia di leopardiana memoria. Edgar Allan Poe era terrorizzato dal finirci dentro ancora in vita. Era uno dei suoi incubi e ricorrenti (e anche uno dei miei, da bambina). Dalla tomba, di notte, escono i vampiri, i non morti e qualche volta anche i fantasmi. Insomma: da evitare. Almeno quando è buio.

La Follia: chi non la teme? La mente umana deviata vede cose che agli altri “umani non è dato vedere”. Spesso, però, sono proprio i mostri e i demoni a trascinarci verso la follia
Vi ricordate il protagonista di "Shining"? Isolato in un Brutto Posto, popolato da fantasmi inquietanti, alla fine dà fuori di testa e tenta di uccidere moglie e figlio. Rimane il quesito: “vedeva i morti perché era folle o ciò che vedeva lo aveva reso pazzo?”.

E per finire, Possessione e Morti viventi. Per la prima, vi dirò di leggere con attenzione alcuni dei libri di padre Amorth. Io l’ho fatto e ne sono rimasta impressionata. Nessuno più di un esorcista cattolico può spiegarvi in cosa consista e quali siano le sue manifestazioni. In quanto ai Morti viventi, non se ne può proprio più. Sono stati trattati in tutte le salse, da Romero in poi. Stanno diventando ridicoli. Onestamente, non fanno più paura. 

                                                                                                                                                          Macrina Mirti Scrittrice







1. SCEGLI LA QUALITA': Puntate sulla qualità dell’intreccio;

2. SCAVA OLTRE LA SUPERFICIE: Ricordarsi sempre che un romanzo horror dice la verità sulle paure e le inquietudini degli esseri umani attraverso una serie di bugie;

3. USA UNA SCRITTURA SEMPLICE: Scrivete in maniera chiara e piana. Cronachistica, se possibile. Fa sembrare vero anche ciò che non lo è;

4. L'HORROR SI NASCONDE NEL QUOTIDIANO: L’orrore deve nascere a poco a poco, da situazioni quotidiane e familiari. A tale proposito, leggete “Pet cemetery” di King. Ẻ illuminante.

5. LEGGI LA CRONACA NERA: Leggete spesso i giornali. Ogni tanto troverete piccoli trafiletti che potrebbero fornirvi la base su cui imbastire una buona storia dell’orrore;

6. DOCUMENTATI: Leggete libri di esorcisti e di coloro che sono tornati. Se vi fanno paura, è meglio;

7. STUDIA LA STORIA: Vedrete che troverete possibili fantasmi ovunque;

8. VISITA I BRUTTI POSTI: Andate in giro per la vostra città, la vostra provincia, la vostra regione. Individuate ruderi, case fatiscenti e abbandonate (i brutti posti, insomma) e informatevi sulla loro storia;

9. SCRIVI DI CIO' CHE CONOSCI: Non ambientate una storia a New York con dei ragazzi dai nomi strani. Pensate che gli americani ambientano molte storie in Italia, con fantasmi etruschi e romani;

10. LEGGI E CORREGGI: Soprattutto: leggete, leggete, leggete e poi correggete, correggete, correggete.