mercoledì 29 aprile 2015

Segnalazione - STONELAND - I SIGNORI DEL VENTO E DEL FUOCO di Roberto Saguatti

Oggi vi presento il romanzo d'esordio di Roberto Saguatti dal titolo "Stoneland - I signori del vento e del fuoco". 420 pagine da assaporare!
Ma andiamo a conoscerlo più da vicino!



 



SINOSSI: Le pietre del potere sono in grado di amplificare le capacità innate di ogni persona. Gerrit è un ragazzo come tanti altri ma, durante la prova per ricevere la sua prima pietra, compie un'impresa mai vista nella storia. Dall'altra parte del mondo, Val ha appena ottenuto la pietra del vento, quando qualcuno tenta di ucciderlo. Il Duras è in fermento, il malcontento si è diffuso fra il popolo. Il generale Askar, in segreto, fomenta i tumulti con l'intento di deporre il monarca. Entrambi i ragazzi, ignari dei recenti accadimenti, partono per il Duras alla ricerca della loro seconda pietra. Si troveranno coinvolti nello scoppio della rivolta, loro malgrado protagonisti di una straordinaria avventura: magia, amore e battaglie epiche, durante i quali gli eventi si rincorreranno frenetici,fino al sorprendente finale.

DOVE TROVARLO: Amazon, Ibs, A3Editrice e in tutti i maggiori Store online.














 
L'AUTORE: Saguatti Roberto nasce (1978), vive e lavora a San Giovanni in Persiceto (BO). Laureato in Scienze Motorie, nel tempo libero, rubato a moglie e figli, adora leggere, scrivere e aggiornare il suo piccolo sito di recensioni e interviste: www.animadidrago.it

lunedì 27 aprile 2015

INTERVISTA A BEATRIX K.



Ciao Beatrix, benvenuta nel mio blog. Partiamo dallo pseudonimo con il quale firmi le tue opere, perché questa scelta letteraria?

Ciao Linda, grazie per avermi ospitata e per questa domanda che mi consente di parlare del mio pseudonimo. Infatti Beatrix K mi sta molto a cuore, è la parte creativa di me, e mi firmo così da quando sono piccola. Mi diede questo soprannome il mio primo allenatore di pre-pugilistica e, trovandolo molto affascinante, l’ho sempre mantenuto.

La laurea in Comunicazione, la specializzazione in Informazione e Sistemi Editoriali e l’iscrizione all’albo dei giornalisti pubblicisti. Quando si è accesa in te la scintilla della scrittura?

Tutto il mio percorso di studio e di lavoro si basa sulla scrittura semplicemente perché la scrittura è la mia vita: non ho ricordi di me senza una penna in mano o un libro da leggere, sin da piccola ero affascinata dalle parole e sono stata precoce nello scrivere e nel parlare, ho sempre avuto molta fantasia e la necessità di alimentarla. Da piccola avevo sempre con me un vecchio registratore a cassetta e intervistavo i miei familiari, per cui direi che la scintilla è nata con me.

Da dieci anni collabori con riviste cartacee e giornali online, lavori in qualità di editor per autori e case editrici. Dove trovi il tempo per scrivere?

Il tempo per scrivere si trova sempre anche nei periodi più densi, anzi, è proprio in quelli che si fa più necessario. Sarebbe come vivere in apnea altrimenti. Spesso scrivo di notte se non ho tempo di giorno, oppure su foglietti improvvisati anche in metro durante gli spostamenti quotidiani. Dappertutto e in ogni momento utile insomma.

Conduci anche laboratori di scrittura per ragazzi disabili. Parlaci di questa interessante iniziativa.

Ho iniziato a lavorare in contesti di disagio sociale nel 2005 nell’ambito dell’arte-terapia, che può riguardare i più diversi campi artistici: dalla danza, al teatro, al canto, al disegno alla stessa scrittura. Mi è capitato di condurre laboratori di giornalismo o di scrittura creativa sia con ragazzi disabili che con minori in transito in Italia da Paesi dilaniati dalla guerra e, sebbene le problematiche siano differenti, esiste la stessa necessità di espressione e di ascolto e la scrittura è in questo senso un canale privilegiato poiché, grazie alla presenza di un foglio bianco tra se stessi e il mondo esterno, regala la possibilità di raccontarsi e aprirsi senza alcuna vergogna, accettandosi per come si è e prendendo coscienza della ricchezza delle proprie emozioni. La scrittura è un’ancora di salvezza talvolta. Per me lo è sempre stato e per questo desidero mostrare anche ad altri questa via.

Possiamo definire il progetto ‘Inthematrix.it’ il catalizzatore per la tua carriera di autrice. Di cosa si tratta nello specifico?

'Inthematrix' è un progetto che cullavo da tanto e che da luglio 2014 è diventato effettivo, anche grazie alla realizzazione di un sito internet da parte del mio amico e collega Marco Lipford. Nasce dall’esigenza di lavorare in proprio e di catalizzare su un’unica piattaforma tante diverse professionalità che possono cooperare per la produzione di un unico risultato: un libro. Il prodotto libro è in effetti qualcosa di complesso: c’è chi lo cura (l’editor), chi lo revisiona (il correttore di bozze), chi lo impagina e confeziona (il grafico), chi lo presenta alle case editrici (l’agente), chi lo promuove (l’addetto stampa), chi lo traduce (il traduttore) e così via. Bisogna unire le forze e credere in un’editoria sana, dove ogni professionalità mette a disposizione la sua competenza per tirar fuori dall’autore il meglio, e da autrice avrei sempre sognato di aver a disposizione un servizio simile: da questo bisogno nasce inthematrix.

Nel 2013, partecipi al Premio 'Io Racconto’ e il tuo lavoro “Estate del terzo tipo” viene inserito in un’antologia. Di cosa si tratta?

Il Premio 'Io Racconto' l’ho conosciuto su Facebook e nell’estate del 2013, avendo scritto un racconto interessante, decisi di iscrivermi, come primo tentativo di partecipare a un contest. Non ho vinto, ma il racconto “Estate del terzo tipo” fu comunque selezionato per entrare a far parte dell’antologia del premio, dunque fu la mia prima effettiva pubblicazione di un racconto. Era uno scritto di fantascienza, quell’estate stavo leggendo Dick, uno dei miei autori preferiti, e dunque ero molto suggestionata da visioni cibernetiche della realtà.

Nel 2015, partecipi al concorso ‘Caterina Martinelli’ e il tuo racconto “Il sogno americano” riceve la menzione d’onore. Cosa ricordi di questa esperienza?

Non ho mai partecipato a molti concorsi, ma quest’anno ho deciso di mettermi alla prova, sento il bisogno di confronto ed è questo il significato dei concorsi secondo me. “Il sogno americano” si basa su un’esperienza reale, trasfigurata dalla mia fantasia e dunque lo definirei comunque un racconto di genere fantastico.  Sebbene lì per lì mi piacesse quella storia e il modo in cui l’avessi resa e avessi ricevuto pareri positivi delle persone che l’avevano letta, non avrei mai creduto di riuscire a rientrare tra i primi dieci racconti del Premio e di ricevere quindi la menzione d’onore, mi sento molto felice di questo risultato e molto più fiduciosa verso il mio futuro di scrittrice.

Sempre nel 2015 esce il tuo romanzo d’esordio “La leggenda degli Intarsicats”. Cosa troveranno i lettori al suo interno?

I lettori troveranno una storia di fantasia e un mondo surreale che tuttavia ritengo non sia così tanto lontano dalla realtà di molti di noi. Infatti, pur piena di elementi suggestivi e fantasiosi, “La leggenda degli Intarsicats” è la metafora del percorso di crescita, periglioso e mai scontato, di ognuno. Amori, amicizie, perdite, incontri, scontri: di questo è fatta la nostra vita e così anche quella del protagonista Joao che ha però la fortuna di poter compiere questo percorso non da solo, ma insieme agli Intarsicats, felini dalle fattezze misteriose, in grado di metterlo in contatto con le parti di sé più nascoste ma anche più forti e creative.



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Come nasce l’idea per questo libro?

L’idea nasce spontanea in una sera autunnale, ma da tempo covava in me. Infatti ho sempre ammirato i gatti e il mistero rinchiuso all’interno dei loro occhi di ambra; la mia fantasia ne è sempre stata molto colpita e da sempre sentivo il desiderio di poter immaginare una storia a partire da questa suggestione. E poi, quasi per magia, il momento è arrivato e la storia ha preso forma.

Quali tematiche affronti e quale messaggio hai voluto trasmettere?

Le tematiche sono appartenenti alla sfera di crescita di un bambino che deve diventare uomo e non capisce perché né tanto meno ha idea di come si possa affrontare questo passaggio. Per cui le sensazioni descritte sono sì autobiografiche, ma estendibili alla maggior parte di noi. Il mezzo che si pone da medium tra il bambino che è in noi e l’adulto che gli corrisponde, così come tra il mondo reale e quello fantasioso, è rappresentato dal gatto, perché col suo mistero e con la sua essenza primordiale riesce a far entrare in contatto il protagonista con se stesso e col suo fiume interiore, in un continuo scambio di energia. L’animale infatti rappresenta nel romanzo la parte più inconscia di noi, quella che a volte siamo costretti a soffocare perché la società vuole così, e anche quella parte più vera e autentica, in grado di farci compiere un atto di fede, avvicinandoci alla profondità del sentire.

Hai altri progetti in cantiere?

Sì, sto già scrivendo un altro romanzo, stavolta sarà protagonista il mondo canino e sarà sempre un racconto fantasy, contaminato da una storia thriller.

E’ stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo.

Grazie di tutto, buona lettura a tutti.

Per seguire Beatrice   BEATRIX IN THE MATRIX

venerdì 24 aprile 2015

TE' NERO, VANIGLIA E BACI ALLO ZENZERO di Elisabetta Motta

Oggi vi presento un romanzo che mi ha entusiasmato e che considero diverso dai soliti cliché del romance, un libro che consiglio a tutti i lettori spassionatamente.
Oggi parliamo di "Tè nero, vaniglia e baci allo zenzero" di Elisabetta Motta.






SINOSSI: “Pannacotta Dreaming” non è una sala da tè come ce ne sono tante a Roma. È un luogo intimo e curato dove i clienti possono sorseggiare infusi pregiati in tazze di porcellana, gustare i dolci più deliziosi e acquistare meravigliosi bouquet di fiori. L’intraprendente Emma ha infatti saputo unire le sue abilità di pasticciera alla passione per i fiori, dando vita a un bistrot unico e indimenticabile per chi vi trascorre qualche ora di relax. Tra i tanti clienti che iniziano a frequentare il locale c’è Alex Giordani, un compositore di musica lirica a cui la vita ha donato di vedere con il cuore laddove i suoi occhi non riescono a farlo. Per Emma innamorarsi di lui è inevitabile, per Alex pensare a un futuro con lei è complicato. Forse è più semplice restare nei confini sicuri di ciò che si conosce già molto bene. Ma il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce…






ROMA. E' il giorno dell'inaugurazione del "Pannaotta Dreaming", un delizioso bistrot che coniuga al suo interno essenze profumate, bevante calde, dessert e composizioni suggestive caodiuvate da meravigliosi fiori colorati.
Emma, la proprietaria, è emozionata; questo è il giorno del suo punto di svolta, l'occasione che aspettava da sempre, finalmente può coronare il suo sogno, ma tutto sta per cambiare.
Un cliente entra nel Pannacotta Dreaming, un bellissimo ragazzo che pare apprezzare la sua panna cotta e le sue creazioni, si chiama Alex, indossa sempre un paio di occhiali scuri, è sfuggente e di poche parole, ma possiede un fascino molto particolare.
L'incontro non è destinato a rimanere casuale, Alex torna spesso nel bistrot e, presto, Emma conosce il suo segreto: il giovane è un non-vedente. La ragazza è affascinata e incuriosita e, in breve, i due iniziano a frequentarsi.
Cosa riserverà loro il futuro? L'handicap del giovane li unirà o contribuirà a separare la coppia dopo un così bel preludio?

L'ambientazione contemporanea nella bella Roma affascina e conquista, assieme a Emma passeggiamo per le vie della città e ammiriamo i suoi scorci. La narrazione utilizza due diversi POV, ora per Emma, ora per Alex, e ci permettere di comprendere appieno le emozioni dei personaggi.
Il protagonista maschile è assolutamente meraviglioso, dotato di un fascino e un magnetismo invidiabili, difficile non innamorarsene. Alex ci mostra un mondo sconosciuto, restiamo con lui in silenzio ad ascoltare la pioggia, a percepire la sensazione di una mano sulla spalla, di un sospiro sulla tempia, della vicinanza di un altro corpo al nostro vedendolo con gli occhi della mente.
La nota che percorre tutto il libro e che esce letteralmente dalle pagine per entrare nelle nostre narici è il profumo di cui è ammantato il romanzo: il profumo delle rose, della pannacotta, del tè e dei fiori. Il lettore ne è stregato e sale la voglia di uscire di casa per trovare il Pannacotta Dreaming, entrare e immergersi nelle sue meravigliose atmosfere.
L'autrice trasmette l'amore per le essenze, per i fiori e per i dessert, sarei curiosissima di visitare la sua dimora, una passione così ben descritta e meticolosamente affrontata naconde un animo delicato e un buongusto inviadiabile.





'Quel posto non era una comune sala da tè come ce n'erano tante a Roma, si poteva definire una boutique di gioieli floreali, un atelier di ricercatezze, una vera goduria per gli occhi e il palato ... Emma aveva le idee chiare. Tutto sarebbe stato all'insegna del gusto e di uno stile impeccabile e raffinato, a cominciare dai sapori, i colori, i fiori, per finire con la mise en place. Nulla sarebbe stato lasciato al caso. Voleva che il suo negozio fosse un posto dove sarebbe stato facile dimenticare il ritmo frenetico e vorticoso della grande città per concedersi qualche ora di relax e di coccole.'





Il tema dominante è la condizione dei non-vedenti, conosciamo intimamente il loro mondo e ci viene svelata una realtà che non sospettiamo lontanamente, una verità che non vediamo nel trambusto della nostra quotidianità. 
La colonna sonora che permea questo romanzo è il sottofondo musicale dominato dai rumori della città, della strada, degli eventi atmosferici. Sono frequenti le allegorie tra il buio e la luce, ma qual è veramente la luce, quella di un mattino soleggiato o quella che abbiamo dentro?
L'autrice affronta questa tematica con sensibilità, senza scadere in luoghi i comuni, mi sono chiesta più volte se Elisabetta abbia toccato da vicino il problema dei non-vedenti per la precisione con cui è affrontato.
Un altro tema molto importante è il rapporto di coppia e i problemi che nascono inevitabilmente da questo handicap che unisce e al tempo stesso divide, non tanto per ciò che rappresenta quanto per l'idea che un vedente ha della cecità, per come lo vive sulla propria pelle vivendoci a contatto ogni giorno. 
Emma, in questo caso, vorrebbe farlo scomparire, per lei la felicità sarebbe riuscire a rendere Alex vedente, lui, invece, desidera solo trovare una donna che accetti la sua condizione, amandolo ugualmente.





'Ho capito che al cuore non si può negare l'amore, soprattutto per chi come me il cuore lo usa per vedere ... Con te al mio fianco non avrò paura di nulla. Il buio nel quale sono costretto a vivere avrà nuova luce. Tu sarai la chiave che aprirà la porta della prigione in cui sono stato confinato. E se lo vorrai ... mi farai conoscere mondi e orizzonti che non ho mai vissuto.'







Il messaggio che mi ha trasmesso questo libro è la speranza, la forza di un sentimento dirompente che può abbattere qualsiasi barriera, ma più di tutto mi ha colpito la capacità dell'autrice nel farmi percepire Alex e il suo modo d'intendere la cecità. Durante la lettura mi sono stupita che lui non avesse scorto Emma tra la folla, poi mi sono ricordata della sua condizione, questo per farvi comprendere quanto Elisabetta mi avesse fatto entrare dentro il cuore e l'anima di Alex, dimenticando completamente quella barriera.

"Tè nero, vaniglia e baci allo zenzero" è la storia di un amore inaspettato e diverso, è la ricerca di due anime inconsapevoli che si incontrano e si completano a vicenda.
Il profumo di un bistrot si trasforma nel sentiero che percorreranno per raggiungere la felicità in un connubio perfetto tra narici e palato, perché niente è invisibile agli occhi, basta solo saper cogliere le sfumature che il cuore ci suggerisce.
Consigliatissimo!

'Lei era per lui come una luce in una stanza buia.'







mercoledì 22 aprile 2015

Le autrici EWWA - INTERVISTA A FRANCESCA ROSSI



Ciao Francesca, benvenuta nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.

Per prima cosa grazie di questa intervista. Sono un’arabista, laureata alla Sapienza di Roma (triennale e magistrale) in Lingue e Civiltà Orientali (curriculum di lingua araba), una blogger e una scrittrice. Sono anche una appassionata di libri e, tra i miei hobby, ci sono il collezionismo di francobolli e la danza del ventre. Sono una persona dal carattere allegro e ottimista, però anche molto riservato e quest’ultima caratteristica spiega, in parte, il mio “amore/odio” per i social network.
Credo fermamente nella libertà personale e non sopporto soprusi e ingiustizie. Ritengo che ognuno di noi debba essere libero di esprimersi senza temere il giudizio altrui o giustificarsi.
Nutro un grande amore per la Storia e non mi piace fermarmi alle prime spiegazioni o teorie che trovo o di cui mi parlano (di qualunque ambito si tratti).
Credo  anche nella forza di volontà e ho fatto mia una frase di Steve Jobs: “Non farti intrappolare dai dogmi… Non lasciare che il rumore delle opinioni altrui offuschi la tua voce interiore”.
Ritengo che sia importantissimo imparare a vivere seguendo il nostro istinto e i nostri sogni, rispettando gli altri, ma senza lasciarci travolgere dall’uragano di informazioni e convenzioni da cui veniamo bombardati ogni giorno. Non è facile, ma vale la pena.

La laurea triennale in ‘Lingue e Civiltà Orientali’ e il trasferimento per un periodo ad Alessandria d’Egitto. Cosa ricordi di questa esperienza e da dove nasce questa tua passione per il mondo arabo?

Ho moltissimi ricordi di queste esperienze, perché mi hanno insegnato a crescere e a credere in me stessa. Viaggiare e imparare le lingue vuol dire conoscere e scoprire nuove realtà, confrontarsi davvero con gli altri, senza filtri e senza schermi. Significa aprire la mente e il cuore, uscire da quella che gli esperti chiamano “zona di comfort” e vivere, stare al mondo. 
La passione per il mondo arabo nasce anche da qui, dalla voglia di sapere, di esplorare e da qualcosa che non saprei definire, ma che mi ha accompagnato fin da quando ero molto piccola. Una passione e un amore, che ha radici così salde e così profonde che neppure più io so ritrovarne l’origine. Chissà, forse non c’è, o magari è nata con me.

La Storia fa parte di te, a tal proposito dichiari: ‘Lo studio della Storia e la conoscenza dei temi d’attualità possono aiutarci ad avere una maggiore consapevolezza di noi stessi, del mondo che ci circonda e del nostro futuro.’ Approfondiamo questa dichiarazione.

Sapere e conoscere sono due verbi fondamentali; ciò che impariamo sul passato e sul presente ci modella, ci forma come individui e dovrebbe, in molti casi, aiutarci a non ripetere gli stessi errori nostri e di chi ci ha preceduto. Studiare, dunque, non è noioso dal mio punto di vista, ma vitale. “L’albero dell’ignoranza”, come lo chiamo io, non genera frutti, è sterile. Non solo: ignoranza, prevaricazione e violenza sono tre “cattive sorelle” che da sempre fronteggiano la libertà, la creatività e il rispetto.  Finora, nonostante tutto, quelle tre hanno sempre perso e se vogliamo renderle davvero inoffensive per sempre, dobbiamo sapere. Imparare ci aiuta a conoscere noi stessi come uomini e donne, come individui con diritti e doveri, come parte del mondo e della Storia, un ruolo che nessuno può toglierci, se noi non lo permettiamo.

Gestisci personalmente i blog “La mano di Fatima”, “Divine Ribelli”, “La penna di Zen”, il tuo blog ufficiale “Francesca Rossi Autrice” e il sito “Angelica la marchesa degli angeli”. Di cosa trattano nello specifico e quale di questi richiede più impegno?

Tutti e tre richiedono molto impegno per cercare e  reperire le fonti, leggerle, approfondirle e solo alla fine scrivere. 
“La Mano di Fatima” è dedicato al mondo arabo-islamico e lì si affronta ogni tema inerente, dalla Storia all’attualità, dalle curiosità alla religione, dal femminismo arabo alle recensioni di libri.
“Divine Ribelli” è, fin dal titolo, un inno alle donne che hanno fatto la Storia, ma presto tratterò anche temi attuali. Non solo biografie, ma anche interviste impossibili e approfondimento di argomenti che riguardano la storia delle donne, soprattutto di quelle oscurate o dimenticate nel tempo.
“La Penna Zen” sta per partire ufficialmente ed è un blog dedicato alla scrittura, più nello specifico al modo in cui la lettura e la scrittura possono influire nella nostra vita quotidiana; un blog non solo per scrittori o aspiranti tali, quindi, ma per chiunque ami leggere e scrivere.
“Angelica la Marchesa degli Angeli”, celebre eroina creata dalla penna di Anne e Serge Golon, è il mio mito fin da bambina. Ho in programma una vera e propria ristrutturazione del sito e, non appena avrò più tempo, mi ci dedicherò. Contiene approfondimenti sui romanzi, sul periodo storico e sui famosissimi film diretti da Bernard Borderie negli anni Sessanta e interpretati dalla bellissima Michele Mercier.

Collabori con diversi blog e siti, tra cui “Cultura e Culture di un Mondo in Movimento”, “Huffington Post”, “Mosca Oggi”, “Egittologia.net”, “Velut Luna Press” e “Talento nella Storia”. Quali mansioni ricopri nel dettaglio?

Per “Cultura e Culture” mi occupo di articoli d’attualità internazionale e ho un mio spazio virtuale, “Malala e le Altre”, dedicato alle donne arabe e musulmane. Anche in “Huffington Post” ho un blog in cui parlo di politica e attualità legate al mondo islamico. Per “Mosca Oggi” scrivo articoli sulla cultura italiana e russa destinati sia a italiani che a russi che parlano la nostra lingua. Per quanto riguarda “Egittologia.net” collaboro, in realtà, con la rivista del portale, “Mediterraneo Antico” con una rubrica sulle femministe arabe, per ora, ma il tema cambierà nei numeri successivi. In “Velut Luna Press” scrivo articoli di letteratura e faccio recensioni di libri, mentre per “Talento nella Storia” scrivo pezzi su particolari periodi o personaggi storici.

Esordisci nel 2012 con la saga storica “Meknès”. Di cosa si tratta?

“Meknès” è una saga storico-erotica composta da quattro racconti ed edita da Lite Editions. La protagonista è Leila, una giovane destinata all’harem del potente e temibile Principe dei Credenti Moulay Ismail. La serie è ambientata in Marocco nel Seicento e tratta temi come l’amore, la passione, il tradimento, la vita nell’harem, gli intrighi e la magia. Leila è una donna che cresce e sviluppa una personalità molto forte attraverso l’addestramento per entrare nell’harem, ma anche tutte le vicissitudini che deve subire. La sua fierezza ricorda molto quella di altre concubine che sono riuscite ad avere un grande ascendente sui sovrani di cui erano madri o mogli.

Hai scritto diversi racconti poi inseriti in altrettante antologie. Tra questi ricordiamo “La spada di Allah”, uscito nel 2013 e inserito nell’antologia “Sine Tempore”, che sarà ripubblicato singolarmente con “Genesis Publishing”. Parlacene.

“La Spada di Allah” è nato come racconto, ma diventerà presto un vero e proprio romanzo che ruota sull’ucronia, la magia, la politica, il mistero e l’amore. Cosa sarebbe accaduto al mondo se l’Impero Ottomano avesse espugnato Vienna nel 1683? Questa è la domanda di partenza. Da qui nasce la storia che vede l’Islam conquistare e assoggettare il mondo attraverso i due protagonisti, Noor e Abdallah, due anime giuste, due sovrani magnanimi ma, comunque, imperfetti. Tra loro si insinuerà di nuovo l’ambiguo jinn Ibrahim, più perfido e violento che mai.  Il romanzo avrà diversi livelli di lettura e interpretazione. Presto li scoprirete ;-)  

Nel 2014 pubblichi il romanzo breve “Il Palazzo D’Inverno” e lo spin-off “La Presa del Potere”. Daccene un assaggio.

“Il Palazzo D’Inverno” è un romanzo breve ambientato durante la Rivoluzione Russa. Verrà ripubblicato dalla Genesis Publishing in una nuova versione su cui sto lavorando proprio in questo periodo. E’ la storia di un amore impossibile tra una nobile, Elena e un bolscevico, Dimitri.
Dimitri “conosce” Elena e la sua parte più nascosta attraverso un carteggio che arriva nelle sue mani in maniera piuttosto rocambolesca. I due, però, finiranno per incontrarsi e scontrarsi, due mondi in apparenza assolutamente antitetici.
L’ amore sboccia tra le fiamme della rivoluzione, in un mondo ormai in declino, ma il legame forte che si instaura tra loro è il simbolo di un nuovo inizio, di un’alba che nasce dopo la notte più cupa, della vita che vince sulla morte.
“Il Palazzo d’Inverno” è parte di un progetto che sto realizzando, ma per ora non posso dire nulla di più. 

In questo romanzo tratti il tema della rivoluzione russa. Perché hai scelto quest’ambientazione?

Ho un grande interesse verso la Russia, la sua Storia e la sua cultura. Per questo motivo, tempo fa, ho deciso di studiarne la lingua. Trovo che sia un luogo estremamente affascinante e, per alcuni versi, ancora misterioso. A questo si è aggiunta la mia passione per le vicende e i personaggi di quel periodo; dalla zarina Alexandra Fёdorovna a Rasputin, da Nicola II a Feliks Jusupov, ognuno è emblema di quel tempo, è una sorta di microcosmo davvero complesso, sfaccettato, che nessuna biografia o romanzo può descrivere totalmente. L’umanità di tutti questi personaggi mi ha profondamente colpito, così come quei lontani giorni che rappresentarono un vero e proprio terremoto politico, sociale e religioso con effetti che travalicarono i confini, destabilizzando gli equilibri geopolitici di allora.  Furono mesi e anni di precarietà, di timori, di incertezze, in cui ogni cosa era ancora apparentemente possibile, benché si abbia ancora oggi l’impressione, leggendo le fonti, che tutto fosse già scritto.

Nell’ottobre 2014 pubblichi il romance storico “Livia e Laura”. Cosa troveranno i lettori al suo interno?

“Livia e Laura” è la storia di due donne distanti nel tempo e nello spazio; la contessa Livia Altamura, volitiva ragazza che vive nella Palermo degli anni Cinquanta e sogna di diventare un medico e Laura Lanza La Grua Talamanca, meglio conosciuta come la Baronessa di Carini, vittima dell’onore e degli uomini della sua vita nella Sicilia del Cinquecento. Livia e Laura non hanno in comune solo la provenienza geografica, ma anche la dirompente voglia di vivere, di scegliere chi amare, di essere libere. Il romanzo è anche un omaggio all’Italia e alla Sicilia; ho scelto, infatti, di usare il dialetto nei dialoghi, per dare maggiore “consistenza” linguistica, sociale e psicologica ai personaggi, affinché le loro anime fatte di parole fossero calate totalmente nel contesto storico. 


http://www.amazon.it/Livia-Laura-InTempo-Francesca-Rossi-ebook/dp/B00OQG1UIK/ref=pd_ecc_rvi_3




Quali tematiche affronti nel libro e quale messaggio hai voluto trasmettere?

In “Livia e Laura” ci sono molti spunti di riflessione, alcuni tristemente attuali; la violenza sulle donne, sia fisica che psicologica fino al femminicidio, la ricerca dell’indipendenza che accomuna le due protagoniste, i sentimenti che travolgono e spingono ad atti audaci. Il messaggio principale riguarda la libertà di scelta, l’individualità che ognuno di noi ha il diritto di possedere e  l’attenzione che dobbiamo avere per difenderci da chi tenta di manipolarci facendo leva sulle nostre debolezze.
Il romanzo, però, prende in considerazione anche la storia della mafia e il presunto legame con la misteriosa setta dei Beati Paoli, uno dei grandi enigmi siciliani.

Com’è nata l’idea per questo romanzo?

L’idea è nata dal grande fascino che la Sicilia esercita su di me da sempre e dalla voglia di raccontare la vicenda della Baronessa di Carini, approfondendo anche il tema riguardante la nascita e lo sviluppo della setta dei Beati Paoli. Avevo in mente questi argomenti da molto tempo e, man mano, su questi si è incastonata la storia di Livia Altamura, che ho immaginato e strutturato per mesi. Come ho già detto, poi, “Livia e Laura” è anche un omaggio all’Italia, alla sua ricchezza culturale, al patrimonio artistico e agli anni Cinquanta del Novecento, ovvero il momento della speranza e della rinascita italiana.

Sei membro dell’associazione EWWA. Di cosa si occupa nello specifico e la consiglieresti alle altre autrici?

Ewwa è un’associazione di scrittrici, rigorosamente donne,  che hanno scelto e si battono quotidianamente per la solidarietà femminile, per creare una rete tra autrici attraverso la quale sia possibile conoscersi, aiutarsi e apprendere insieme l’arte della scrittura. A tal proposito vengono organizzati dei seminari, degli incontri di scrittura creativa utili per imparare e per perfezionarsi, sapendo che ci sono sempre (per fortuna) cose che non sappiamo e che aspettano solo noi, il nostro entusiasmo e la nostra forza di volontà per essere scoperte. Sicuramente consiglierei Ewwa alle autrici o aspiranti tali, è una grande opportunità di crescita e di confronto.

Hai partecipato alla prima antologia curata dall’associazione “E dopo Carosello tutte a nanna. Storie di donne e Mamma Rai” con il racconto “L’Ultima Sera”. Parlacene.

“L’Ultima Sera” unisce la voglia di riscatto e di fuga  di una donna considerata ribelle dalla gente del piccolo paese in cui abita e la mia sfegatata (proprio così) passione per Luigi Tenco e Dalida.
La protagonista, infatti, decide di andar via e abbandonare il mondo chiuso in cui è cresciuta proprio nel momento in cui, al Festival di Sanremo, Tenco e Dalida cantano “Ciao Amore Ciao”, ovvero una canzone molto avanti per quei tempi, di libertà, che dice “Andare via lontano, a cercare un altro mondo, dire addio al cortile, andarsene sognando”. Un canto, che, comunque, aveva dei risvolti sociali e politici notevoli ma, purtroppo, non fu capito. Il resto è storia, benché tragica.

Hai qualche altro progetto in cantiere di cui vuoi metterci a parte?

Per ora posso dire che sto riscrivendo “Il Palazzo d’Inverno”, ma ci sono altre storie che sto preparando e spero di poter dire di più entro l’estate.

E’ stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo!

Grazie mille! Crepi.


Per seguire Asia Francesca   FRANCESCA ROSSI - AUTRICE


https://www.youtube.com/watch?v=-qHylzAstkI

lunedì 20 aprile 2015

INTERVISTA A ELENA GENERO SANTORO



Ciao Elena, benvenuta nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.

Ciao Linda e grazie per avermi ospitato sul tuo blog. Sono una mamma che lavora, che fa i salti mortali per conciliare tutto, lavoro, famiglia, benessere dei figli e del marito e hobby. La mia vita è un puzzle, deve incastrarsi tutto. Eppure non rinuncerei a niente.

L’impiego di ingegnere per l’industria automobilistica, il marito e i figli. Dove trovi il tempo per scrivere?

È una bella domanda, di solito scrivo quando i figli dormono. Il problema è che, crescendo, i figli dormono sempre meno e si rifiutano persino di fare il sonnellino pomeridiano, così per me diventa sempre più difficile! Pensare che il mio secondogenito, da zero a sei mesi, dormiva di continuo, giorno e notte. Di giorno mi bastava metterlo vicino a me sulla sdraietta, cullarlo con un piede con un sottofondo musicale e lui dormiva per ore. In quel periodo, contrariamente a quanto si può pensare, ho scritto moltissimo, con le mani sulla tastiera e un piede sul suo seggiolino. Lui era un neonato da favola e io riuscivo a fare tutto. Poi, al settimo mese si è svegliato e da quel momento le cose si sono decisamente complicate.

Tra le tue passioni spiccano i viaggi. Qual è il Paese che porti nel cuore?

Un po’ tutto quello che ho visitato, ma devo dire che l’Irlanda mi è rimasta nel cuore. È un posto unico al mondo e infatti ci ho ambientato persino uno dei miei libri, L’occasione di una vita, edito da Lettere Animate. I miei protagonisti percorrono un tragitto in cui visitano gli stessi luoghi che ho visitato io. Ovviamente il loro sguardo è turistico e non potrebbe essere altrimenti, visto che in Irlanda non ho mai vissuto.
Le tappe che Patrick e Futura (i miei protagonisti) percorreranno e i posti che visiteranno nel tentativo di ricominciare a capirsi sono gli stessi che ho visitato io insieme a mio marito, fortunatamente con tutto un altro stato d’animo! Futura e Patrick scopriranno che per riavvicinarsi devono prima ammettere, condividere e infine superare il lutto che tengono dentro. 

Hai praticato anche la ginnastica artistica in passato. Cosa ti ha lasciato questa meravigliosa disciplina?

La ginnastica artistica è sempre stata la mia passione, adesso però non ho più il fisico né l’età. Mi è sempre piaciuto fare acrobazie e anche vederle in televisione fatte dagli altri. Purtroppo, o per fortuna, quando ho iniziato a praticarla ero già grandicella, quindi ero esclusa da quelle che potevano essere le competizioni e la vita stressante di una ginnasta molto impegnata. Forse meglio così, non mi sono esaurita come invece accade a certe ragazze che praticano la disciplina a livello agonistico. Per me è stata un gioco, un gran divertimento, e adesso, a quarant’anni, so ancora fare la ruota!

Hai fatto parte di un coro e collezionato esperienze teatrali a livello amatoriale. Cosa ricordi di queste esperienze?

Cantare mi è sempre piaciuto, lo facevo già da piccola, nel coro della chiesa. Poi, anni dopo, ho cantato con Gli Alunni del Cielo, un grande coro di Torino composto da più di cento persone, che faceva spettacoli in giro per l’Italia per beneficenza. In cinque anni ho fatto più di cento concerti. Purtroppo sono sempre stata troppo insicura per cantare come solista e la mia carriera come cantante è terminata molto in fretta! Adesso forse avrei più maturità, ma meno occasioni. L’esperienza teatrale è iniziata a trent’anni. È stata breve ma per me molto intensa. Mi ha fatto scoprire dei lati di me che ignoravo, tipo di avere una gran faccia tosta sul palco (quella che non avevo quando cantavo) e più memoria di quanto immaginavo. Ho smesso perché mi prendeva veramente troppo. Dopo una serata di prove, anche se avevo una parte minore, anche se lo spettacolo era lontano, ero capace di non dormire per tutta la notte, tanta era l’adrenalina che avevo in circolo. Poi però il giorno dopo dovevo lavorare. Ho portato a termine tutti gli impegni presi e poi ho salutato tutti. Comunque dal recitare allo scrivere il passo è stato breve. Richiede sempre una grande immedesimazione in teste altrui, ed è la parte più divertente. Diventare altro, molto diverso da ciò che si è, è sfidante. E tra l’altro qualcuno mi ha detto che i dialoghi nei miei romanzi sembrano sceneggiature. Scrivere sceneggiature mi piacerebbe molto.

Di te dichiari: ‘Il mio motto è quella frase dell’ape, che in teoria non potrebbe volare per motivi aerodinamici, ma ignara delle nozioni scientifiche non solo vola, ma fa anche il miele.’ Approfondiamolo.

Credo che tante volte se stiamo a pensare a tutto ciò che dobbiamo fare ci blocchiamo per la paura o per l’ansia e non facciamo più nulla. Invece secondo me non bisogna perdersi a riflettere su ciò che stiamo portando avanti, ma farlo e basta. Quando c’è una passione, di qualunque natura, si porta avanti e non ci sono scuse né di tempo né di limite fisico. Ammiro moltissimo quegli atleti che magari sono ciechi, o hanno delle protesi, o altri problemi, eppure corrono e magari vincono persino delle gare. Se stessero a piangersi addosso perché non hanno gli occhi o gli arti non correrebbero. Invece loro lo fanno e basta, anche se è scientificamente dimostrabile che non potrebbero. Il che però non vuol dire spossarsi fino alla nausea per perseguire un risultato. Le ginnaste adolescenti che vengono stressate fino all’inverosimile per raggiungere obiettivi eccelsi, secondo me alla fine possono arrivare a odiare il loro sport preferito. Paradossalmente, se uno ha una motivazione profonda dentro di sé più dare il meglio senza neanche sentire la fatica, se le pressioni invece arrivano dall’esterno, da qualcuno che vuole che facciamo determinate cose, il risultato sarà mediocre.

La tua idea di fare scrittura è legata al sociale e spesso utilizzi i tuoi libri per denunciare ingiustizie. Perché?

Guarda, nel mio modo di scrivere ho sempre prediletto la presentazione della realtà. Tutte le mie storie partono da una base reale, anche se poi uso la scrittura per dare al racconto il finale che voglio, spesso migliore e più aperto alla speranza di quanto la vita non sia. E parlando appunto della quotidianità, della vita di tutti i giorni, emergono anche determinati tipi di problemi, come la disoccupazione, l’immigrazione, i problemi etici. È giusto secondo me dare voce a chi non ce l’ha, fare ascoltare punti di vista insoliti e talvolta impopolari, anche se poi lascio grande spazio ai sentimenti, alla psicologia dei miei protagonisti.

Gestisci personalmente il blog “Perché me ne sonoinnamorata”. Di cosa ti occupi nello specifico?

Nello specifico, non mi occupo di nulla e il mio non è un blog letterario, anche se ogni tanto qualche recensione l’ho pubblicata e anche se reclamizzo ovviamente i miei libri. È semplicemente un mezzo per scrivere ciò che penso quando ho qualcosa da dire, per cui ho scritto riflessioni varie, avventure di viaggio (anche in inglese), le mie idee sui pannolini lavabili. Insomma, spazio parecchio tra gli argomenti, ma sono incostante, non mi do delle scadenze, per cui posso non pubblicare nulla per mesi e poi tre articoli in due giorni.

Sei diventata “madre gestante” nonché editrice no profit della raccolta di racconti “Insieme si può – Comitato Mahmud” di cui sei coautrice. Un progetto molto interessante per sostenere la Siria. Parlacene.

Nel 2014 venti autori (di cui io sono una) hanno donato un racconto per creare una raccolta no profit. Tutto è iniziato perché una mia amica, Elisabetta Vittone, stava sostenendo a distanza il piccolo Mahmud, un bimbo siriano di quattro anni affetto da una rara malattia genetica che lo rende allergico al sole. Questo povero piccolino, che all’epoca abitava in un campo profughi in condizioni climatiche estreme, dipendeva da morfina e cortisone e rischiava di non superare un’altra estate. Io avevo già sentito la sua storia, ma quando ho visto un suo filmato in  cui lui dormiva e soffriva su un tappeto del campo profughi, ho detto basta. Poteva essere mio figlio (hanno quasi la stessa età). Allora mi sono chiesta: che posso fare? So scrivere. E ho scritto una fiaba. Volevo farne un ebook. Ma poi con Elisabetta si è deciso di coinvolgere altri autori, fare degli appelli e alla fine è nato  un piccolo volume, pubblicato come self su Amazon (sia ebook che cartaceo), il cui ricavato va interamente in beneficenza per i profughi siriani. Nel frattempo Elisabetta aveva fondato il Comitato Mahmud (regolarmente registrato all’agenzia delle entrate) e Mahmud è stato aiutato in modi ben più consistenti che non fossero i proventi del libro. Adesso il bambino sta meglio e vive in un alloggio in Turchia.
Qui di seguito il link del Comitato Mahmud: http://insiemepermahmud.altervista.org/

Esordisci nel 2013 con il romanzo “Perché ne sono innamorata” che tratta proprio il tema della violenza sulle donne. Daccene un assaggio.

In "Perché ne sono innamorata" non c’è molta violenza fisica, ma più che altro psicologica (che poi tante volte costituisce l’inizio del percorso violento). Infatti questo romanzo è un romanzo d’esordio non solo per me ma anche per i protagonisti. Vi lascio un piccolo estratto.

[...] Quella stessa sera, con la scusa di “festeggiare” l’ennesimo trenta e lode di Martina, Giulio aveva invitato la sua ragazza a cena in un locale esclusivo particolarmente costoso. Lei aveva accettato con entusiasmo, convinta di trascorrere finalmente una piacevole serata da innamorati, convinta che davvero Giulio volesse regalarle un momento di tenerezza, sicura che avrebbe dimostrato a Sofia – e a se stessa – che lui sapeva manifestarle l’amore che provava.
In realtà, da quando si erano seduti al tavolo, e forse anche da prima, il ragazzo non aveva fatto altro che provocarla e punzecchiarla: - Certo che potevi metterti addosso qualcosa di più elegante di quel vestito da Cenerentola! E poi, le scarpe! Non avevi tacchi più alti?
Martina incassò, decisa a non farsi rovinare tutta la serata: - Forse hai ragione, ma sai, qui in collegio non ho tutti i miei vestiti… - rispose supponendo che lui avrebbe capito.
- E quindi? Potevi andarti a comperare qualcosa oggi pomeriggio! Guarda le altre donne qui! Sono tutte molto più in tiro di te. Io che figura ci faccio?
- Giulio, scusami, ma non avevo idea che il target di questo locale…
- Siamo fortunati che ci abbiano fatto entrare…
- Esagerato, non è mica il casinò… E poi potevi dirmelo per tempo, magari avrei provveduto, – Martina rispondeva con la sua usuale pacatezza, per smorzare i toni.
- Sì, figurati, tirchia come sei! Comunque, se non te l’ho detto, è perché supponevo che tu lo sapessi! Come sempre però ti ho sopravvalutata. Che vuoi saperne di locali eleganti tu che vivi perennemente rinchiusa in quella stanza di collegio, a studiare, come un topo di biblioteca? A prendere trenta e lode così sono capaci tutti! È riuscire ad avere una vita oltre allo studio che è più difficile!
Martina finalmente realizzò. Il problema era il suo ennesimo trenta e lode, di cui Giulio era invidioso. Infatti nell’ultimo periodo il ragazzo non era riuscito a stare al passo con gli esami, era fermo, arenato su un orale che non riusciva a superare. La ragazza capì che quella non sarebbe stata una serata romantica come aveva sperato. Nonostante ciò, anzi, proprio per questo, cercò di essere comprensiva. L’avrebbe lasciato sfogare ancora un po’. Martina guardava con tenerezza il disagio del proprio compagno, che avrebbe voluto aiutare in ogni modo. Intanto sfogliava il menù, cercando di concentrarsi su quello che avrebbe voluto mangiare. Optò per un piatto di pasta fresca al ragù.
- E tu invece Giulio che cosa prendi? – chiese cercando ingenuamente di distendere l’atmosfera tesa che si era creata.
Lui la guardò con aria di sfida: - Prenderò un antipasto di pesce, il polipo con le patate, linguine agli scampi, orata alle erbe, il tutto con un costosissimo vino bianco. E per finire torta meringata. Tu invece, secchiona grassona, prenderai solo un’insalata scondita: è tutto quello che puoi permetterti, visto il culo largo che ti ritrovi. A forza di stare sui libri sei ingrassata di brutto, sei la donna più scialba di tutto il locale, mi domando perché esco con un cesso come te. Non fai nulla, proprio nulla per migliorarti… non vai in palestra… non ti importa niente dell’estetica… io mi sento umiliato ad uscire con una sciattona come te. All’inizio della nostra relazione non ti ho detto niente: pensavo che prima o poi avresti capito che dovevi darti una mossa. Mi sembrava ovvio. Invece sei più tonta di quello che sembra, nonostante i tuoi stupidi trenta e lode: non capisci un beneamato cazzo di quello che fa piacere ad un uomo. Beh, certo, i tuoi votoni non valgono poi molto: a Biologia i trenta e lode li regalano, non come a Medicina…
Martina avvampò per l’umiliazione. Sentì le lacrime scorrerle lungo le guance. [...]

Comunque nel mio primo libro ci sono anche storie diverse, parlo dell’amore a vent’anni, delle scelte che pongono le basi per la felicità o l’infelicità futura. Ci sono anche dei protagonisti che si innamorano in modo pulito, senza retroscena perversi.

Nel 2014 esce l’ebook “L’occasione di una vita”. Di cosa si tratta?

È la prosecuzione di "Perché ne sono innamorata", dove i protagonisti, Futura e Patrick, si trovano alle prese con una gravidanza indesiderata che rischia di mandare a monte la loro relazione. Ma quando finalmente lui sta per farsene una ragione, lei perde spontaneamente il bambino. È l’inizio di una serie di equivoci che porterà Patrick a rincorrere Futura su e giù per l’Irlanda, fino a quando i due non riusciranno a venire in qualche modo a capo del dolore che li separa. Questa è la tematica seria del libro; ve ne sono un paio più ironiche e agrodolci: Manuela che fa la volontaria in una casa di accoglienza per donne che fuggono da situazioni di disagio (il tema della violenza contro le donne in questo senso è solo sfiorato) e Ljuda, casalinga frustrata, che partecipa a un innominato noto reality. Per entrambe garantisco rocambolesche avventure, risate a denti stretti e tutto il mio disprezzo per un certo tipo di programmi televisivi che lucrano sul dolore umano pur di fare audience.

Segue il libro “Un errore di gioventù” dove tratti un’altra tematica scottante come la pena di morte. Parlacene.

In questo libro ritroviamo Futura e Patrick sette anni dopo, sposati da un pezzo, con una figlia già nata, Marina, e un’altra, Emma, in arrivo. Dopo tutte le loro vicissitudini pregresse sono finalmente felici e realizzati, e lui, sempre con quella tendenza di voler controllare qualunque cosa, si gongola, anche con un po’ di presunzione, all’idea che la sua vita sia finalmente perfetta. Si ricrederà completamente quando una sua ex fiamma, una con cui aveva avuto un flirt dopo il diploma, si presenta alla sua porta dicendogli di avere una figlia adolescente che potrebbe essere sua. A Patrick crolla il mondo addosso, perché proprio lui che è sempre stato un maritino modello, fedele, e serio fino alla noia, rischia di vedere compromessa la sua serenità famigliare per una sciocchezza, una “cazzata” commessa quindici anni prima. Gli rode, sia perché non si sente pronto a fare il padre di una ragazzina che non ha visto né nascere né crescere, sia perché lui non è più l’adolescente dissoluto che aveva rapporti a rischio dopo aver alzato un po’ il gomito alle feste. E allora la domanda è: per quanto una persona è responsabile dei propri errori, se nel frattempo è maturata e si è comportata sempre in modo irreprensibile? La stessa domanda se la fa Luis, condannato nel braccio della morte in Alabama, che quindici anni prima ha ucciso un uomo in una rissa e ora gli è stata comunicata la data prevista per l’esecuzione. Luis è un amico di penna di Futura e Patrick i quali, attendendo la data del parto (che deve coincidere con l’esecuzione) non possono permettersi di lasciare Londra per l’Alabama. Quindi mobilitano Mac, un loro amico attore che gode di una certa notorietà, affinché raggiunga Luis e gli stia vicino nel momento peggiore della sua vita. Mac all’inizio è scettico, rappresenta chiunque di noi europei (Mac è irlandese) non ammette la pena di morte per cultura, ma in fondo pensa che chi sta in quella situazione, a parte tutto, se l’è meritato. Nel corso della storia i pregiudizi di Mac cadranno uno per uno e lui si renderà conto che Luis è innanzitutto una persona, e come tale merita rispetto. Luis non è un “mostro”, ma un uomo pentito dei suoi errori e assolutamente amabile. Allora Mac si farà carico della faccenda, tenterà di sfruttare la sua notorietà per mobilitare l’opinione pubblica, ma si scontrerà con il sistema che gli farà da muro di gomma. Luis, comunque, non è l’unico “mostro” del libro: c’è anche Teresa, una ex transessuale ormai legalmente donna, che vuole farla pagare alla sua famiglia borghese e bigotta per non averla mai accettata così com’era. Teresa si trova in mezzo a Manuela e Giovanni, coppia di separati in cerca di una rappacificazione, e alla fine avrà un suo riscatto. Infine, per stemperare un po’, c’è Iago, il fratello minore di Futura, che, innamorato da sempre della bella Elena, dovrà destreggiarsi con un ultimo, simpatico “mostro”: Fabiana, la sua gelosissima e ossessionante fidanzatina. 

Nel novembre 2014 pubblichi “Gli angeli del bar di fronte”. Cosa troveranno i lettori al suo interno?

 “Gli Angeli del Bar di Fronte” è un romanzo a due voci. Le protagoniste sono due ragazze, un’italiana, Chiara, e una rumena, Paula, che vivono entrambe a Torino. Entrambe sono alle prese con problemi di sopravvivenza. La prima, la cui famiglia era benestante solo fino all’anno prima, lavora in un bar malfamato della Torino nord (Il Bar di Fronte) in attesa di terminare la tesi di laurea. Quando si laureerà, potrà iniziare un lavoro a Grenoble, in Francia. La seconda, pur avendo un titolo di studio specialistico, fa la badante in nero ad un anziano non autosufficiente. Il libro parte da questa situazione molto attuale, molto realistica, per prendere una strada ovviamente più improbabile e meno scontata: sia Paula che Chiara si ritrovano ad avere a che fare con un gruppo di cinque ragazzi rumeni che hanno tutta l’aria di essere dei poco di buono e lo dimostrano  appieno quando due di loro, una sera, cercano di abusare di Chiara all’uscita dal bar. Il loro tentativo va a monte perché quello che sembra essere il loro capo, Vic, li ferma in tempo. Ma Vic, che è tanto affascinante quanto ambiguo, poi convince Chiara a non sporgere alcuna denuncia in cambio della sua protezione. Lei si lascia persuadere, seppur con delle remore, e da quel momento inizia una frequentazione forzata con Vic che pur essendo un ragazzo cortese, non si affranca mai dai suoi compari e copre tutte le loro malefatte, con gran disappunto di Chiara. D’altra parte c’è Paula, che si ritrova a fare i conti con i rischi del lavoro sommerso, che quando si ustiona con un semolino rovente non può nemmeno chiamare il 118 e che sogna l’amore nell’uomo più sbagliato che ci possa essere, senza neanche considerare i sentimenti che il buon Anghel prova per lei.
Sullo sfondo molti personaggi minori, Giovanni il cassaintegrato ipocondriaco, Armando il barista silenzioso ed empatico, Noemi l’amica che tradisce il fidanzato, Carla la disoccupata depressa e incinta, Anghel, l’innamorato senza speranza che si spezza la schiena ai mercati generali, Gianna la donna in carriera onesta, Eleonora la sorella spocchiosa, Luigi il fidanzato assente e la zia Doina che come unica preoccupazione ha quella di far quadrare i conti in casa. Ogni personaggio secondario ha la sua microstoria, che giunge comunque a una conclusione.


http://www.amazon.it/Gli-Angeli-del-Bar-Fronte-ebook/dp/B00RM9FT62




Quale messaggio hai voluto trasmettere e quali tematiche affronti?

Il libro è un mezzo per parlare di immigrazione, senza voler essere esaustivo, e vuole mettere in luce le difficoltà che sussistono per quanto riguarda l’integrazione. Nella storia ci sono buoni e cattivi da ambo le parti: quella degli  immigrati e quella degli ospitanti. Non ci sono giudizi definitivi né considerazioni salvo una: la speranza è tutta nella “seconda generazione” di immigrati, che indubbiamente partono avvantaggiati. Inoltre nel romanzo si parla anche di sentimenti, di attrazioni proibite. Chiara subisce pesantemente il fascino di Vic, e pur ritenendo che il suo desiderio verso di lui sia sbagliato non riesce a farne a meno. Vic è una sorta di criminale gentiluomo che si prende cura di lei con molta cavalleria, che vanta un italiano perfetto e anche una notevole cultura, ma che di fatto spende le sue giornate insieme a quattro pseudo criminali senza un motivo palese. Perché lo fa? Qual è il suo interesse? A chi mente? Ci sono una serie di domande che ruotano intorno a Vic e che ossessionano Chiara a lungo, fino al finale col botto. Paula invece attende di essere notata dall’uomo dei suoi sogni, che tutto è meno che un bravo ragazzo e quando ciò accadrà le conseguenze saranno serie e ampie.

Qual è stato l’input per “Gli angeli del bar di fronte?

Come Chiara mi trovo nella doppia situazione di conoscere delle famiglie rumene e di lavorare con colleghi non italiani. Quindi vivo in un paese che ospita persone straniere, ma mi trovo io stessa nel ruolo della straniera quando, in trasferta all’estero, mi scontro con mentalità diverse da quella italiana e mi sento anche giudicata. Pertanto so cosa significa essere presa tra due fuochi, essere contemporaneamente ospitante e ospitata. È un punto di vista delicato ma per certi versi privilegiato che mi rende cosciente del fatto che se noi italiani ci comportiamo in modo intollerante con qualcuno, non dobbiamo dimenticarci che per qualcun altro siamo stati e in parte siamo ancora noi gli stranieri da terzo mondo. Da qui è nata l’idea, il libro tende a dimostrare che ogni medaglia ha il suo rovescio.

Hai qualche altro progetto in cantiere?

In questo momento non ho altri libri in uscita, ma sto scrivendo, rivedendo testi, prima o poi qualcosa verrà fuori.

E’ stato un grande piacere ospitarti nel mio blog, rispetto molto il tuo lavoro di autrice e l'impegno sociale. In bocca al lupo per tutto e alla prossima!

Grazie mille a te Linda per l’ospitalità! Buon proseguimento con il tuo meraviglioso blog.