lunedì 29 luglio 2013

INTERVISTA A STEFANIA TRAPANI

Ciao Stefania, benvenuta nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.

Ciao, sono Stefania, ho 38 anni e da un paio d’anni mi sono in messa in testa di fare la scrittrice. In realtà scrivo da sempre, è l’unica cosa che non ho mai smesso di fare; semplicemente da qualche tempo ho iniziato a pubblicare ciò che scrivo.
Vivo a Milano con la mia adorata famiglia e conduco una vita piuttosto normale. Voglio sottolineare questo perché da quando ho iniziato a pubblicare in molti pensano che io abbia una Supervita! Invece ho una vita come quella di qualunque mamma lavoratrice: ho due figlie piccole che mi impegnano parecchio, molto più del lavoro in ufficio, ma grazie all’aiuto dei nonni e di un marito molto presente riesco a gestire senza impazzire del tutto! Perché a volte penso di essere davvero un po’ matta. Spesso (per non dire sempre) sono in un posto ma con la testa sono altrove, e ho come la sensazione di vivere più vite contemporaneamente, su dimensioni differenti. Questa credo sia la mia caratteristica principale: che sono sempre un po’ stralunata.
Ami lo sport, in particolar modo la pallavolo che hai frequentato anche a livello agonistico, e i viaggi. Citando testualmente le tue parole ‘… fosse per me girerei il mondo.’ Da dove nasce questa tua passione? C’è qualche viaggio in particolare che porterai sempre nel cuore?
Amo lo sport, si, anche se da quando sono diventata mamma ho smesso di praticarlo. Ho smesso di fare molte cose da quando esistono quelle due piccole pesti!
Dai dodici ai diciotto anni ho giocato a pallavolo, a livello agonistico. Avevo un grande futuro davanti, peccato sia sopraggiunto un problema piuttosto grave alla schiena che mi ha costretta a ritirarmi precocemente. Poi ho ripreso da più grandicella, ma solo per divertirmi un paio di sere alla settimana con le compagne di università, per poi smettere definitivamente con la nascita della mia prima figlia. Ma quando mi capita di entrare in una palestra non nego che la tentazione di prendere una palla e scagliarla con tutte le mie forze dall’altra parte del campo è forte…
E in effetti non escludo di riprendere a giocare un giorno.
Un’altra cosa che amo molto, e che fortunatamente non ho ancora smesso di fare, è viaggiare. Ho iniziato relativamente tardi, più che a viaggiare a conoscere posti nuovi. Perché viaggiare ho viaggiato sempre: sono nata e cresciuta a Milano ma i miei genitori sono calabresi e siciliani, per cui ogni anno mi ritrovavo a percorre l’Italia intera, in treno o in auto, per andare a trovare i miei nonni.
E’ a ventisette anni, però, che ho iniziato a girare il mondo! A quell’età presi per la prima volta l’aereo e come sempre, essendo un tipo che non conosce le mezze misure, affrontai venti ore di volo per raggiungere la California! Andai a Los Angeles con la scusa dell’inglese ma in realtà volevo solo fare un’esperienza lontana da casa, immersa in una nuova realtà. Rimasi qualche mese in quel posto lontano, girandolo in lungo e in largo, spingendomi fino allo Utah per raggiungere il Grand Canyon, uno dei posti più incantevoli dell’universo. Mi mantenevo lavorando due giorni a settimana come baby-sitter presso una famiglia italoamericana e per il resto fingevo di studiare e vivevo da zingara, come piace a me.
Non ho più fatto viaggi così importanti da allora, e devo dire che la California mi è rimasta nel cuore, però appena posso volo a conoscere o a rivedere qualche capitale europea, come Londra o Praga, le mie preferite, oppure mi rifugio in qualche paradiso terrestre… l’ultimo Santorini, un anno fa.
Non ho un posto preferito… o forse si, ma non è di certo il più bello né il più esclusivo. Un luogo che è un rifugio, che profuma di casa anche se non ci sono nata. Quel posto è quell’angolo di mare tra la Calabria e la Sicilia. Lì sento sempre forte il richiamo delle mie radici.

Un’altra delle tue passioni è la musica, in particolar modo la musica classica. Parlacene.
Ah… la classica… una volta che inizi ad apprezzarla non torni più indietro! Amavo Vasco ad esempio, sono cresciuta con le sue canzoni e tutto. Ci credi che non riesco più ad ascoltarlo? Tutta Colpa di Mozart, Tchaikovsky e Vivaldi, Rachmaninov e Beethoven. Potrei morire per l’Estate di Vivaldi o il Concerto numero 3 di Rachmaninov, quello famoso per fare impazzire i pianisti (e probabilmente ha dato il colpo di grazia anche a me).
Il vero “colpevole”, comunque, è mio marito, violinista di professione. Prima di conoscere lui non avevo nemmeno mai visto un violino! Poi frequentandolo, seguendo i suoi concerti e i concorsi che dirige e organizza, insomma ascoltando la musica classica, con le sue complicate e travolgenti armonie… è stato un po’ come imparare a volare.
E quando impari a volare difficilmente puoi  tornare indietro.

Moglie, madre di due splendide bambine, gestisci assieme ai tuoi fratelli una piccola azienda edile. Dove trovi il tempo per scrivere?
Ammetto di sognare a volte di potermi ritirare in un posto sperduto e silenzioso, tipo un convento tra le montagne o qualcosa di simile. Purtroppo non posso permettermelo, avendo una piccola azienda, fondata da mio padre, da mandare avanti e due bambine piccole da crescere! Mi devo quindi accontentare di scrivere la notte, quando mi capita di svegliarmi alle 4 e non riuscire a riprendere sonno, oppure in ufficio, tra una telefonata e l’altra, che non è proprio il massimo, ma è sempre meglio di niente.

Com’è stato il tuo approccio con il mondo della scrittura?
Come dicevo scrivo da sempre. Inizialmente mi limitavo a registrare gli avvenimenti che reputavo importanti, e devo dire che ho iniziato prestissimo! Già da bambina sentivo il bisogno di annotare la vita sui miei diari; ne ho uno che risale alla prima media, in cui ad esempio racconto di una mia zia rapinata fuori dalla banca con la figlia incinta, o di un ragazzino che trovavo molto carino e delle sue Converse nere come le mie.
Poi a 15 anni il diario è iniziato a diventare una costante della mia vita. Da allora non riesco a stare un giorno senza scrivere qualcosa, non solo annotazioni ma anche poesie o brevi racconti; anche se è a 27 anni, in California, che c’è stata la vera svolta. E’ proprio laggiù che il mio approccio alla scrittura è iniziato a cambiare; probabilmente stimolato dal radicale cambiamento del regime linguistico a cui mi trovai sottoposta, il mio modo di scrivere iniziò ad allontanarsi gradualmente dalla dimensione del diario per scivolare sempre più verso quella del romanzo.
Alla base del mio bisogno di scrivere c’è sempre la necessità di raccontare ciò che mi accade, forse per poter trattenere, o illudermi  di fermare, alcuni istanti della mia vita, che alla fine non è altro che aria e tempo che scorre.
Credo che scrivere sia il mio metodo per esorcizzare la paura di dimenticare ed essere dimenticata. Qualcosa che mi dica che la vita è a tutti gli effetti  reale e non pura illusione.
E che se proprio deve trattarsi di un sogno, è del mio sogno che stiamo parlando.

Nel novembre 2012 pubblichi il tuo primo romanzo “Portata dal vento”. Un titolo interessante come l’input che ti ha spinto a scriverla. Raccontaci qualcosa di questo tuo esordio.
Diciamo che "Portata dal vento" è nato in modo piuttosto anomalo. Intanto non è nato come romanzo, ma ha preso spunto dal mio diario della gravidanza e da una lettera d’amore che scrissi a mia figlia ad un mese dalla sua nascita. Così mio marito mi fece notare che era giunto il momento di provare a pubblicare qualcosa, erano anni che dicevo di volerlo fare, ed era giunto il momento di concretizzare quel sogno. Aveva letto sia il diario che la lettera d’amore per nostra figlia e li aveva trovati commoventi e per nulla banali. Mi fece notare che il mio romanzo d’esordio era già tutto lì, mi sarebbe semplicemente bastato unire le due cose…
Ovviamente non fu un lavoro semplice perché è molto più facile creare dal nulla che tentare di unire in modo armonioso due mondi  tanto distanti tra loro, anche se con un centro comune.
Però dopo tre anni il romanzo vide la luce, e fu una gioia equiparabile alla nascita di un figlio.
Per quanto riguarda il titolo devo ammettere che è davvero bello. E dire che il titolo era un altro, fino a poco tempo prima della pubblicazione. Il libro doveva chiamarsi ‘Forty Weeks’, come il titolo del mio diario della gravidanza; il taglio che volevo dargli inizialmente voleva essere piuttosto ironico. Invece prese una piega romantica e ‘Forty Weeks’ mi sembrava non si addicesse più.
 Accadde così che una notte mi svegliai con una musica nelle orecchie, l’avevo ascoltata non so dove, né quando… la canticchiai subito a Giorgio e lui, il mattino seguente, me la suonò. Era una musica che conosceva bene perché era stato proprio lui a scriverla, per me, qualche anno prima, e che aveva intitolato "Portata dal Vento". Così pensai a quello strano  titolo, a mia figlia Giorgia e al suo arrivo insieme a quello di un fiore viola, sbocciato sul mio balcone senza che nessuno l’avesse piantato…
Come quel fiore anche lei era arrivata col vento. E il gioco fu fatto.

Da pochi giorni, invece, è uscito il tuo secondo romanzo “Alla fine dei sogni”. Cosa troveranno i lettori al suo interno?
In quel libro c’è nascosta la parte più profonda di me. "Alla fine dei sogni" è un romanzo che ho scritto a cuore aperto. Sebbene sia molto meno autobiografico di "Portata dal vento", va comunque a toccare le mie corde più profonde e nascoste.
E’ una storia molto emozionante, che parte dall’alto e punta ancora più in alto. E’ tutta in crescendo. Chi lo ha letto mi ha giurato di non essersi riuscito a staccare dal libro finché non lo ha finito.
"Alla fine dei sogni" è un libro che si inizia a leggere di sera e lo si conclude di notte. La stessa notte di cui è intrisa ogni sua pagina. Parla della notte, la notte della vita.







Quali tematiche affronti?

I temi che affronto sono molto impegnativi, rischiosi perché potenzialmente potrebbero spaventare i lettori. I temi centrali, il cancro e l’aborto, e due splendide ragazze, legate da un’amicizia che nonostante la disperazione assoluta riesce a ridipingere di giallo e azzurro tutto quel nero. C’è il desiderio di vita che sovrasta l’istinto di morte.
Ci sono tante, tantissime emozioni. Chi lo leggerà si prepari a ridere, sorridere, e a versare fiumi di lacrime.

Com’è nata l’idea per questo romanzo?
L’idea è nata da un pensiero avuto quando i medici dissero che per Michela, la mia più cara amica, non c’era più niente da fare, e io ero oppressa dalla nausea per la gravidanza della mia seconda (desideratissima) figlia. Sebbene fossimo devastate per due motivi diametralmente opposti, il malessere che ci accomunava era lo stesso. Si tratta di un sogno di cui parlammo ma che non riuscimmo a realizzare proprio a causa delle nostre pessime condizioni di salute.
Un viaggio… sarebbe stato il nostro ultimo viaggio insieme.
“Io incinta e lei col cancro, sembra una barzelletta” mi dissi.
Ed è proprio quel desiderio che porto a compimento nel nostro libro. Dico 'nostro' perché a stesura ultimata mi sono resa conto di non averlo scritto da sola…
In maniera molto simile ad un ‘addio al nubilato’, in questo viaggio - perché al centro del libro c’è proprio un viaggio - celebriamo il suo ‘addio alla vita’.

Definisci “Alla fine dei sogni” terapeutico. Approfondiamo questa definizione.
"Alla fine dei sogni" è stato terapeutico perché mi ha aiutata ad accettare la morte della mia amica. Non dico che adesso non mi manchi più, però sono più serena.
L’ho scritto piuttosto velocemente, in sei mesi, e mentre lo scrivevo ridevo, piangevo, tremavo. Ricordo che dopo averlo concluso andai da mia madre, stremata, e le chiesi di farmi un caffè. Sembravo tornata dalla guerra. Trascorsi due giorni in stato catatonico, stanca come mai prima di allora. La nostra ultima avventura si era conclusa, ma non mi sentii svuotata. Solamente stanca, quello si, ma il sogno di scrivere di lei e farla rivivere tra quelle pagine si era realizzato. E ogni volta che ho bisogno di lei la ritrovo lì, perché anche se la storia e i personaggi sono quasi totalmente inventati, è esattamente di quella Michela che parlo. Non ho voluto nemmeno cambiarle il nome proprio perché questo libro l’ho scritto per lei.
Volevo darle una fine più alla sua altezza. Spero di esserci riuscita.

Hai altri progetti di cui vuoi metterci a parte?
Si, c’è un terzo libro che in realtà doveva essere il primo. L’ho iniziato molti anni fa ma l’ho sempre messo da parte per qualcosa di più urgente: prima "Portata dal vento" e poi "Alla fine dei sogni".
Più o meno sono a metà della storia, quindi a buon punto considerando che ho il difetto di accorciare i finali… Ma se dovessi ascoltare il mio istinto lo butterei per ricominciarlo da capo.
La storia mi sembra intrigante, ma non mi riconosco più in quello stile. In questi ultimi anni ho letto e scritto molto, e insieme a me è cresciuto anche il mio modo di raccontare la vita.
Però posso anticipare il titolo, "Anti-storia d’amore", che ovviamente cambierò a stesura ultimata, come è accaduto per gli altri due libri!
L’unica cosa certa è che non pubblicherò un nuovo romanzo prima del 2015. Devo lasciare respirare i primi due libri (usciti a distanza molto ravvicinata) e i miei lettori J.
 
E’ stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca la lupo.

Per seguire Stefania      STEFANIA TRAPANI SCRITTRICE


mercoledì 17 luglio 2013

INTERVISTA A GIOVANNA ALBI

Ciao Giovanna, benvenuta nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.

Buongiorno, grazie per ospitarmi nel tuo blog. Amo descrivermi così: sono una madre, l’unico punto fermo della mia precaria esistenza, sono un’insegnante-madre di tanti alunni da 26 anni; insegno latino e greco al Liceo Classico e greco all’Università .Sono pellegrina a piedi alla volta di Santiago, sulle orme di San Francesco, sulla via Francigena, verso la Terrasanta. Sono in ricerca spirituale.

Le prime soddisfazioni arrivano durante il tuo percorso scolastico: ti diplomi con il massimo dei voti al Liceo Classico dove il tuo tema viene premiato come ‘Tema migliore d’Italia’. Parlacene.

Il tema era una riflessione su una celebre frase del critico Francesco De Sanctis :”La mia storia ha due pagine:la vita e la letteratura”. Io traendo spunto dalle mie conoscenze approfondite, perché ai miei tempi gli alunni andavano oltre il libro di testo, ho posto in relazione la vita del critico con le sue opere, poi ho analizzato una serie di autori in cui c’è sintonia tra vita e letteratura ,come Dante o Leopardi e autori in cui c’è distonia, come Seneca e Cicerone. Ringrazio la mia insegnante Bianca Zuccarini, molto compianta,per avermi formata alla critica letteraria, alla quale adesso mi dedico.

Una laurea con lode in Lettere classiche e Filosofia, insegni latino e greco e collabori con l’università di Perugia. Dove trovi il tempo per scrivere?

In realtà le lauree sono due, perché sono laureata sia in Lettere Classiche che in Filosofia, entrambe le lauree con 110 e lode; scrivo di notte e di mattina presto, scrivo, mentre ho ore buche al lavoro,ma la realtà è che dormo 4 ore a notte da 30 anni. Quindi la notte mi aiuta molta:è la mia consigliera.

Il tuo è un percorso molto particolare. Hai seguito, subito dopo la laurea, un tirocinio psicoanalitico lacaniano lungo sette anni, di cosa si tratta?

Si tratta di un tirocinio di formazione psicoanalitico in cui ho analizzato me stessa e il mondo che mi circonda con gli strumenti del filosofo e psicoanalista neo freudiano, Lacan, il padre dello strutturalismo in ambito psicologico. Si parte dall’idea che il rimosso è linguaggio, basta parlare per sciogliere i nodi esistenziali,il rimosso si fa logos, linguaggio e simbolo e il soggetto ritrova se stesso, sul piano rovesciato che conduce dal bisogno, alla mancanza, al desiderio dell’altro, visto come l’altra parte di sé.

In seguito, non soddisfatta, diventi pellegrina a piedi alla volta di Santiago, lungo la via Francigena dal Monginevro a Roma, sulle orme di San Francesco da La verna a Poggio Bustone. Cosa ti ha lasciato questa esperienza? Quali ricordi e emozioni ti suscita il rammentare questa pagina della tua vita?

Questa è stata l’esperienza più bella della mia vita, accanto al mio parto: non a caso parlo di parto, perché camminando ho partorito me stessa, l’ho liberata dagli affanni del passato e mi sono ritrovata da sola davanti l’Universo e Dio; infatti sono una donna di Fede, anche se molto particolare, perché transito, come H. Hesse, dal Misticismo al Buddhismo. Non me ne voglia H.Hesse, autore che prediligo su tutti, se mi sono posta accanto a LUI: sono un umile suo gregario.

Esordisci nel 2010 con un diario psicoanalitico che riscuote un discreto successo e viene selezionata per il London Book Fair del 2011. Di cosa si tratta?

Il London Book Fair è la più grande Fiera Europea di libri, qui si espongono i libri migliori dell’anno e si ricevono richieste per eventuali traduzioni in lingua straniera.

Nel 2011 pubblichi “L'avventura di Santiago” che tu ami definisci un romanzo-saggio dallo stile lirico. Frutto della tua esperienza come pellegrina. Parlacene.

Il romanzo –saggio vede al centro una pellegrina che rimane incantata di fronte al luoghi da Roncisvalles a Santiago, passando per grandi centri quali Burgos e Leòn e microscopici borghi solitari, quali quelli dell’altopiano della Mèsetas. Parla riflette, prende appunti, legge il Vangelo, dialoga con il Creato, con gli animali, con la Natura tutta, ma non disdegna la compagnia degli uomini; difatti incontra personaggi molto tipici del luogo o pellegrini solitari, filosofi, psicologi, attori, ballerini, maestri di yoga, con cui si ferma a riflettere sui grandi temi esistenziali. Ecco perché è un romanzo –saggio, perché all’interno di una narrazione lineare ,a tratti lirica, si inseriscono finestre di riflessione sulla letteratura, la psicologia, la filosofia, la politica, la scuola, la cultura in senso lato.

Nel luglio 2012, pubblichi il tuo terzo romanzo-saggio “Odore di bimbo-La storia di Chiara”. Cosa troveranno i lettori al suo interno?

Si tratta di un romanzo-saggio in cui Chiara ripercorre la sua vita dall’infanzia alla maturità, celebrando i suoi amori passati, ma in particolare il suo matrimonio che la lega a Federico, l’uomo che odora di bimbo e che le riattiva il ricordo della sua infanzia.




Quali temi affronti nel tuo romanzo?

Nel romanzo sono presenti temi mitologici, letterari, filosofici, psicologici, storici. Il tema fondamentale è quello del viaggio interiore,la nostalgia del ritorno, il tempo-tiranno, la gioia di esserci ancora, ogni giorno con entusiasmo sempre nuovo e pungente. Forte comunque è la critica alla psicoanalisi, di cui mi considero una detrattrice. Come dire? Non mi ritrovo più nelle strumenti della psicoanalisi, ma piuttosto in quelle della metafisica.

Qual è stato l’input che ti ha spinto a scrivere questa storia?

Una disavventura scolastica mi tiene lontana dal mio lavoro; ho scritto questo libro per denunciare lo sfacelo della scuola italiana:infatti Chiara ha un’amica insegnante che è il suo alter-ego.Chiara è un avvocatessa,ma in realtà si parla molto della scuola. Il che è voluto perché voglio che tutti sappiano che oggi gli insegnanti non sono più liberi come un tempo di insegnare, ma sono sottoposti allo strapotere della dirigenza scolastica che, se iniqua, può produrre dei veri disastri. Qui metto un punto e glisso.

Nel tuo romanzo sono tanti i riferimenti filosofici, storici e mitologici. Chiara racconta la sua storia proiettandola in mondi immaginari, inseguendo figure mitologiche come Achille ed Ettore. Perché questa scelta narrativa?

Direi che ho scritto un romanzo siffatto per deformazione professionale. Ogni volta mi ripropongo di scrivere qualcosa di semplice e commerciale, ma poi il ruolo di insegnante e la preparazione filosofica e letteraria hanno la meglio sul mio progetto e, come sempre, viene fuori un romanzo –saggio un po’ impegnativo, ricco di riferimenti, che a me paiono interessanti, ma che non sempre incontrano il favore del lettore, che vuole leggere cose leggere e ritiene che i miei libri siano troppo intrisi di cultura.

Hai qualche progetto futuro di cui vuoi metterci a parte?

Stanno per uscire due romanzi a breve e un e-book scaricabile gratuitamente. Presto avrete notizie: rimaniamo nel mistero!!Che Dio me la mandi buona!!!

E’ stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo per il tuo lavoro.

Grazie Linda, sei una splendida padrona di casa, grazie per l’ospitalità.
Con riconoscenza
Gio’


Per seguire Giovanna   GIOVANNA ALBI


martedì 16 luglio 2013

"Il rifugio" - OMAGGI DEI LETTORI -

Oggi voglio dedicare uno spazio al mio secondo romanzo "Il rifugio". E lo voglio fare perché la storia di Anna e Marianne è riuscita a scalfire la pallida superficie delle pagine bianche e a entrare sotto la pelle dei lettori, dritta fino al cuore.

Ho ricevuto alcuni contributi da lettori giovani e meno giovani che voglio condividere con voi e ringraziare dal profondo del mio cuore per queste bellissime sorprese che non mancano mai di stupirmi e commuovermi.


 


SECONDO CLASSIFICATO AL XXIII PREMIO LETTERARIO 'VALLE SENIO' 2012


QUARTA: Possono vite diverse incontrarsi e confondersi al punto da somigliarsi, nella medesima esperienza di sofferenza e di felicità? Dimensioni temporali opposte che tornano a viaggiare sulla stessa frequenza, quasi a beffare una realtà già scontata e rivista. Con l’autentica possibilità di cambiamento e di riscatto. Anna e Mary, nelle confidenze di una soffitta chiusa al mondo, quasi a scambiarsi comparse e impegni in un vissuto ancora da decidere.
Un romanzo al confine tra il sogno e il reale, tra mistero e rivelazione.







Il primo contributo arriva da una ragazzina giovanissima Alessia Marinoni che ha amato Marianne Beaufort con tutta la sua passione e l'entusiasmo dei tredici anni.
Questo è il suo omaggio!
 



Il secondo contributo arriva, invece, da una ragazza che ospiterò presto sul mio blog. Una ragazza che ha l'arte e la passione per la lettura nel sangue. Rossella Sicilia si diletta in video-maker dopo la lettura di un libro e questo è il suo bellissimo risultato.




Ed infine la prima lettura tratta dal romanzo, in particolare da una pagina del diario di Marianne Beaufort, grazie all'arte indiscussa della professionista Tanya D'Antoni che ha realizzato il video e la gentile concessione della voce narrante: Patrizia Stefanelli (regista teatrale riconosciuta e stimata).





Vorrei ringraziare ancora una volta le lettrici per questi doni preziosi e salutarvi con una citazione che racchiude in sé buona parte del mio romanzo, coadiuvata dalla bellissima immagine che la bravissima Elisabetta Baldan, presto mia ospite, ha gentilmente realizzato.
 




Stava succedendo qualcosa in quella villa, qualcosa di inspiegabile





mercoledì 10 luglio 2013

"VUOI SPOSARMI? NO GRAZIE!" di Fabiana Andreozzi e Vanessa Vescera

Oggi vi propongo il romanzo a quattro mani "Vuoi sposarmi? No grazie!" di Fabiana Andreozzi e Vanessa Vescera che prossimamente avrò il piacere di ospitare nel mio blog.





QUARTA: Lui è Neleo, per gli amici Leo, dongiovanni scapestrato che proprio non vuol saperne di assumersi responsabilità.
Lei è Nicla, per gli amici Nisha, una ragazza siciliana ribelle e complicata.
Neleo non vorrebbe abbandonare la sua dolce vita da scapolo e piuttosto ne preferirebbe una diversa.
Nisha è stata cresciuta nella menzogna e non ne può più della sua famiglia iperprotettiva, preferirebbe fuggire in fondo al mare.
Ma esprimere un desiderio in una notte stellata è molto… molto… molto pericoloso.
Nuotando tra mito e realtà, immersi nel fascino intramontabile del mare di Palermo e nella magia che solo l’amore sa regalare… Neleo e Nisha sono protagonisti di un susseguirsi d’avventure, esilaranti equivoci, mitiche trasformazioni, misteriosi rapimenti.
Una meravigliosa storia che fa riflettere sull’importanza del valorizzare ciò che si ha, che fa sognare come una favola e soprattutto che fa fare tante tantissime risate…






Il libro si apre con Neleo, tritone figlio del Re del Mare, dongiovanni frizzante e scapestrato, intrappolato in un fidanzamento che aborre. Vorrebbe sfuggire ai piani del padre e a un matrimonio che lo incatenerebbe mani e piedi a un solo talamo per tutta la vita.
Nel capitolo seguente facciamo la conoscenza di Nisha, giovane ragazza siciliana combattuta dalla disarmante scoperta del proprio affido. Per anni ha creduto di appartenere alla sua grande e rumorosa famiglia e invece non era che una finzione. Adottata: questa la parola che le brucia l'anima come il desiderio impellente di scomparire tra le acque di Palermo e non riaffiorare mai più.



 


'Ho bisogno di sparire, voglio cambiare aria. La verità è che non so più chi sono e cosa voglio dalla mia vita. Forse la parte più vera di me è questo nome inventato e il viso pallido che si riflette ogni mattina dallo specchio...
Voglio sparire ... vorrei nascondermi nel posto più introvabile. Ma esiste un posto così? I miei sarebbero in grado di trovarmi persino in fondo all'oceano.'








Due desideri sussurrati a una volta punteggiata di stelle e la profondità del mare che resta in ascolto catapulteranno i due protagonisti l'uno nella vita dell'altra, paradossalmente e letteralmente.

Il punto di forza di questo romanzo è il confronto di due vite, di due mondi, di due persone apparentemente agli antipodi. Lo scambio di ruoli è fondamentale e Fabiana  e Vanessa sono riucite a renderlo alla perfezione, con un'occhio di riguardo all'ambientazione. I pensieri, le espressioni dei protagonisti, il bagaglio che si portano appresso lascia stupefatti e incantati, coinvolge e si riesce a visualizzare con estrema facilità.
Fabiana e Vanessa hanno davvero dormito in quel letto-conchiglia, hanno sentito davvero le branchie spuntare sulla loro schiena, hanno davvero avuto a che fare con code di sirene e onde del mare.

I temi trattati sono tanti e tutti ugualmente interessanti: la famiglia, l'adozione, le radici, il dovere.




'La tua famiglia è adorabile,sono tutti in ansia, iperprotettivi e decisamente bizzarri ma ti vogliono bene. Non ha importanza se ti hanno adottato ... tu mi dirai che non site affatto uguali ma ti hanno cresciuta e meritano il titolo di genitori e fratelli. Quando hai avuto bisogno di loro ci sono sempre stati e continueranno a esserci ...'







Questa è una favola moderna piena di punti di riflessione mai banali. Due famiglie messe a confronto, due tipologie di fratelli, due diversi modi di intendere la vita ma, sorprendentemente, saranno tanti i caratteri comuni malgrado la prima impressione. Ed è questo uno dei messaggi del romanzo: scavare sotto la superficie, non basarci mai sull'apparenza.

E, come in ogni favola che si rispetti non può mancare l'amore che, qui, strappa molte risate, frizzante, allegro, divertente e prorompente.





'Non basta amare la propria famiglia, il proprio fratello, a volte bisogna amare una compagna che cerchiamo, troviamo e alla fine non vogliamo lasciare. Eppure non è facile, amare buol dire complicazioni e forse anche pericolo. A volte il nostro affetto passa il muro dell'indifferenza altrui.'








I riferimenti mitologici che pullulano nel romanzo donano quel tocco in più. Ci aiutano e invogliano a scoprire una disciplina ormai perduta nella modernità imperante. Una curiosa rivisitazione di miti e leggende che, forse, abbiamo scordato e che offre lo spunto e il pretesto per riscoprirla.






'Ripenso alla mia casa, a quella in cui ho vissuto con i miei per quasi vent'anni. Ripenso al mare e al suo odore di salsedine che mi ha sempre attirato affacciandomi la mattina dalla mia stanza e ora lo sto quasi ruipugnando. Ho sempre amato quell'azzurro intenso o il suo blu cobalto ma da qui sotto tutto appare diverso. Sono sott'acqua e non so più distinguerne le sumature, sembra semplicemente trasparente.'






Una cosa è certa, non riuscirò mai più a guardare il mare con gli stessi occhi: c'è tutto un mondo sotto la superficie, tra spuma e onde. Sta solo a noi scoprirlo. Un mondo che non si discosta poi molto dal nostro. In fondo, siamo tutti uguali sotto questo cielo.

E concludo con il messaggio fondamentale di questo bellissimo romanzo che vi coinvolgerà e conquisterà: 'attenti ai vostri desideri, perchè un giorno potrebbero realizzarsi.'

'Un pizzico di magia non guasta mai nella vita'

martedì 9 luglio 2013

INTERVISTA A ANNA MARIA FUNARI

Ciao Anna, benvenuta nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.

Ciao Linda, grazie per l’ospitalità che mi hai offerto, sei stata davvero gentile. Beh… parlare di me stessa non è esattamente la cosa che mi riesce meglio, ma vediamo di provarci. Ho 52 anni, sono nata a Piacenza ma fieramente di origini marchigiane. Nella vita sono impiegata statale anche se è un vestito che mi va un po’ stretto, ma per carità… non lamentiamoci, considerando le difficoltà in cui versano molte persone che cercano un lavoro. Sono sposata da 11 anni con Claudio, con il quale ci siamo conosciuti in chat nel 2001 e con questo sfatiamo un attimo il luogo comune che la rete è piena solo di pazzi e di maniaci.
Amo leggere, scrivere; adoro viaggiare in moto per il gran senso di libertà che si prova e anche perché ti dà modo di vedere meglio tutto ciò che hai intorno e quando posso mi rifugio volentieri in un agriturismo sulle colline marchigiane, dove il panorama si perde sui Monti Sibillini.
Coltivi passioni che abbracciano i campi più disparati e sostieni che spesso l’ispirazione per i tuoi scritti arriva dalla natura. Approfondiamo questa affermazione.

Si, in effetti ho interessi che alcuni definirebbero “a 360°”; a volte penso di essere più simile a una scheggia impazzita che saltella tra le mille cose che fanno parte della mia vita e che vi si sono installate comodamente come semi nella terra. Non so se questa terra sia buona
o meno, ma tant’è che ognuno di questi semini ogni tanto tira fuori un germoglio.
Come ti dicevo prima, amo molto gli spazi aperti, in particolare la montagna con i suoi piccoli e grandi segreti e sono capace realmente di perdermi col pensiero davanti a un panorama che si apre su vallate e fiumi sovrastati da un cielo azzurro. Credo sia uno degli scenari che amo maggiormente; da nata sotto il segno del Toro sono decisamente “terricola”, ho bisogno di sentire la terra sotto ai piedi anche se non disdegno lasciarmi andare ai sogni.
Tutto ciò che è Natura diventa elemento essenziale degli sfondi delle mie narrazioni, sia pure a volte appena accennati o che siano invece l’ambientazione preponderante.
Sei un’appassionata della cultura degli indiani d’America e la tua musica preferita ancora una volta si concentra sui Nativi d’America. Perché questa particolare predilezione?

Quello per i Nativi americani è uno strano “amore” che affonda le sue radici un po’ lontano nel tempo. Già verso i 10-11 anni guardavo i film western, di cui era appassionato anche mio padre, e regolarmente gli indiani erano i malvagi della situazione, cosa che a quell’età mi lasciava con la classica domanda “Ma perché gli indiani sono sempre i cattivi?”. Domanda che, crescendo, ha instillato un sano dubbio, spingendomi ad andare oltre quelli che erano i luoghi comuni che si erano radicati grazie a una filmografia decisamente “di parte”.
Ho cominciato a leggere moltissimo, da testi a contenuto antropologico, come quello di P.Jacquin, “Storia degli indiani d’America”, fino alle biografie dei grandi Capi come Toro Seduto, Geronimo, Nuvola Rossa, per approdare poi a quelli che, a mio parere, sono le pietre miliari sull’argomento: “Seppellite il mio cuore a Wounded Knee” di Dee Brown e “Alce Nero parla” di J. D. Neihardt. Libri che decisamente aprono gli occhi su una storia mai raccontata nella sua completezza.
Nel 1996 poi tutto si completò con un viaggio negli USA che era nato, in realtà, come un’opportunità per andare a conoscere i parenti oltreoceano e che poi invece si è trasformato in una bellissima lezione di vita.
In quell’occasione ho avuto la possibilità di “vivere” più da vicino la storia, la cultura e alcune tradizioni di questo popolo veramente stupendo; parlare con loro e rendermi conto di quanta dignità e fierezza conservino ancora nel cuore e quanto rispetto abbiano per chiunque, nonostante le nefandezze perpetrate ai loro danni e i tentativi di sterminarli messi in atto dai bianchi, non ha fatto altro che completare un quadro che già aveva assunto contorni ben precisi su quello che, a ragione, viene chiamato il “Popolo degli Uomini”.
Dopo il diploma hai svolto parecchie mansioni: impiegata presso uno studio commerciale, Assistente amministrativo presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, progettazione e programmazioni di eventi. Com’è nata la tua passione per la scrittura e dove trovi il tempo per dedicartici?

Bella domanda! A volte me lo chiedo anche io, dove trovo il tempo! Diciamo che quella per la scrittura è stata una capacità innata che si è manifestata fin dai tempi della scuola. Ho sempre avuto una fervida immaginazione e, a detta di molti, un buon lessico che, uniti a una naturale propensione per le materie letterarie, ha fatto sì che questa materia non mi desse preoccupazioni. Cosa che invece non è mai accaduta con i numeri con i quali ci rispettiamo vicendevolmente ma è indubbio che i nostri sentieri corrono in direzioni opposte. Siamo proprio due mondi differenti, con lo zero assoluto in comune. Purtroppo c’è stata la scelta sbagliata di diplomarmi in Ragioneria, scelta più dettata dalle circostanze che non dalla convinzione.
L’importante è stato comunque non accantonare quella che era l’inclinazione che avevo per la scrittura e, anzi, osare ogni volta qualcosina in più. Come i concorsi letterari; non tanto per il risultato in se stesso quanto per cercare di capire se quel che scrivevo riusciva a suscitare emozioni, sensazioni. Volevo vedere se ero capace di arrivare al cuore di chi leggeva.
Poi, per tutto questo, il tempo si cerca di trovarlo. Alla fine basta organizzarsi un po’. Se poi hai pure vicino una persona che ti incoraggia e si fa carico di alcune incombenze nel momento magico dell’ispirazione è ancora meglio. E devo dire che, anche in questo, sono stata molto fortunata.
Dal 1997 collabori saltuariamente con il periodico del litorale laziale “L’Ortica”, con la rivista del M.A.S.C.I. “Strade Aperte” – rubrica Vita del Movimento e recentemente hai collaborato anche con il periodico online “Roma Capitale Magazine”. Cosa ricordi di queste esperienze?

Esperienze tutte concluse, per un motivo o per l’altro, ma che hanno lasciato comunque un segno positivo. In alcuni casi si sono chiuse per un arroccamento di entrambe le parti su posizioni opposte. D’altro canto, non nego di essere una persona a cui non piacciono né i compromessi, né tantomeno le imposizioni, i ricattucci morali o le minacce del tipo “o così o non ti pubblico più”. Bene, preferisco non pubblicare piuttosto che vedere i miei pezzi stravolti o in qualche modo fatti diventare mezzo pubblicitario.
Al momento, saltuariamente scrivo per “Il gusto italiano”, che tratta anche materie molto vicine a quelle del Ministero dove lavoro e con piacere scrivo articoli e recensioni là dove mi viene chiesto. Sono del parere che ogni esperienza è arricchente, soprattutto per chi ama scrivere.
Nel 2011 hai curato, insieme ad Alba Gnazi, la prima edizione di “Nuovi Autori nel Cuore di Roma”, iniziativa a sostegno della lettura e degli autori emergenti del panorama letterario nazionale. Parlacene.

“Nuovi Autori nel Cuore di Roma” è nato un po’ per caso, un po’ per gioco dopo una presentazione fatta a Palazzo Valentini dei nostri libri. Per una serie di coincidenze cominciammo a creare questa iniziativa per gli altri autori partendo dall’idea di fare delle presentazioni mensili. Una volta contattati gli autori è stato poi tutto un crescendo, presentazione dopo presentazione.
Abbiamo avuto la fortuna anche di poter usufruire di due locations di una certa levatura: la terrazza del Vittoriano in estate e la Sala Cavour del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nei mesi più freddi.
L’esperienza ha dato indubbiamente buoni risultati, sotto ogni punto di vista; il confronto con altri autori, leggere le loro opere, il rapportare i loro stili e i loro contenuti anche al nostro modo di scrivere è stato arricchente, ha ampliato decisamente un orizzonte che per chi scrive non dovrebbe mai limitarsi alla propria tecnica.
Nel 2012 avevamo dato il via alla seconda edizione, ampliando l’iniziativa anche agli esordienti del settore cinematografico, ma problemi di natura istituzionale hanno impedito di arrivare fino alla fine. Vediamo cosa potremo fare in futuro per riprendere l’iniziativa.
E nel 2013 entri a far parte della Giuria del Concorso Letterario Nazionale ”Memorial Miriam Sermoneta” per la sezione narrativa. C’è un ricordo legato a questo concorso che porti sempre con te?

Miriam era una guardia giurata, una delle prime amicizie fatte in Facebook. La ricordo come una ragazza piena di vita, solare, molto dedita anche ad alleviare le sofferenze dei bambini dell’Ospedale Pediatrico “Bambin Gesù” per i quali organizzava l’Epifania, raccogliendo e portando loro dei regali. Di lei mi resta il ricordo delle chiacchierate fatte in chat, da cui emergeva anche una grande solitudine. Ma mai le mancava la battuta o il sorriso.
Si è uccisa nel 2012, proprio per il peso che sentiva gravarle sull’anima per i tanti problemi familiari e quotidiani che sono stati più forti della sua stessa forza di vivere.
Quando Giovanni Gentile, ideatore del concorso, mi ha proposto di far parte della giuria per la sezione narrativa, non ci ho pensato due volte ad accettare; quel concorso era un bel modo per tenere vivo il ricordo di Miriam e renderle omaggio. E ora, siamo quasi pronti a partire con la seconda edizione.
Passiamo ai tuoi traguardi letterari. Dal 1997 al 2008 partecipi a molti concorsi che ti valgono parecchi riconoscimenti. In particolare il racconto “La casa di cartone” per la qualità e il valore artistico-umanitario dell’opera. Di cosa si tratta?

La casa di cartone” è la storia di un uomo, Federico, alla costante ricerca di qualcosa che neppure lui sa. Ambizioso, arrivista e a tratti cinico, è l’apposto di Urbano, il coprotagonista; Urbano è un barbone, un clochard che ha scelto di vivere in quel modo. Ma nella sua umiltà, nella sua povertà, è anche una lezione di dignità e umanità per il cuore di Federico, indurito dalla vita e dal suo stesso egoismo.
E gli altri personaggi che fanno parte della storia non sono certo di minor rilievo rispetto a questi due, ma agiscono in maniera diversa nella trama della storia che, non a caso, è ambientata ad Assisi nel periodo del terremoto.
Dal 2005 al 2012 realizzi otto pubblicazioni tra romanzi brevi e racconti, inseriti in varie antologie. E nel 2010 nasce il tuo primo romanzo edito “L’isola dei graziati”edito da Linee Infinite Edizioni. Parlacene.
 
L’idea de “L’isola dei graziati” è in realtà il frutto di un’accesa discussione tra amici in merito alla pena di morte, quando negli USA c’era stato un caso eclatante di errore giudiziario a causa del quale era stato giustiziato un innocente.Questa quindi è stata la miccia che ha acceso l’intuizione che, a sua volta, è“esplosa” dando vita a questo spy-story e mettendo a dura prova anche la mia pazienza.
Dietro a questo romanzo infatti c’è stato un lungo, lunghissimo lavoro di ricerca in merito sia alla pena di morte sia alla tipologia di personaggi che meglio potevano muoversi all’interno della trama complicata, sia infine per la ricerca di un’area completamente disabitata dove collocare la mia isola.
Il protagonista è un giornalista, Brian McGray che, come diremmo oggi, è caduto dalle stelle alle stalle. Non per incapacità anzi, tutt’altro. Brian è troppo capace, troppo testardo, troppo sicuro, troppo onesto, troppo coerente. Insomma è “troppo” di tutto. E la vita, anche nella realtà, non è facile per chi è come lui.
Per una serie di vicende, entra in contatto con un uomo che gli regala uno strano oggetto che Brian è certo di aver già visto, ma non ricorda dove e quando.
E’ scontato che un giornalista come lui, un po’ incosciente e un po’ d’assalto, non lasci cadere la cosa e cominci a indagare. Anche in questo caso, il suo essere troppo curioso lo conduce su strade non proprio sicure e, dopo una serie di peripezie, arriverà ad una verità realmente inimmaginabile.
Nel 2012 pubblichi il tuo secondo romanzo “Fuoco Che Danza –Pi’ta Naku Owaci” edito dalla Montecovello Edizioni. Cosa troveranno i lettori al suo interno?

“Fuoco Che Danza” è stato in assoluto il primo romanzo che ho scritto e nasce direttamente dall’esperienza fatta negli USA e di cui ti ho parlato prima. Cosa troveranno i lettori? Difficile dirlo perché è un libro che può essere letto già dai 9-10 anni e ad ogni età ci si trovano cose diverse. Dalla bella favola senza principesse, draghi e cavalieri fino all’esperienza di un’evoluzione di vita che va oltre i canoni stereotipati che ci chiede la società di cui facciamo parte.
A portarci per mano nel suo mondo è Shawnee Lee Jackson, un giovane avvocato Sioux di grandi capacità professionali ma soprattutto di grandi principi morali, legato al suo mondo, alle sue radici, fiero del suo modo di essere.
Ma come tutti coloro che vivono il nostro tempo, è messo di fronte a una scelta il cui prezzo è molto alto e ricorrerà alle tradizioni del suo mondo per trovare la via verso il suo destino.




Com’è nata l’idea per“Fuoco che danza”?

In origine è stato una specie di “diario” di quello che è stata la mia evoluzione dopo il soggiorno americano, trasposto su un personaggio. Una sorta di “pozzo” a cui attingere ogni volta che ne sentivo il bisogno.
Poi si è evoluto, leggermente modificato; alcuni personaggi sono stati delineati meglio per accentuare di più il percorso interiore del protagonista in funzione dell’idea di una trilogia che percorra, in modo leggero e non noioso, la loro cultura, le loro storie e le loro tradizioni; senza la pretesa di essere un “saggio” sui Nativi.
La trilogia li narra con semplicità, in un modo che spero sia piacevole per i lettori e che, soprattutto, allontani almeno un po’ l’idea che generalmente si ha, o si aveva, di loro. Raccontare il Cerchio della Vita: ecco cosa si propone la trilogia di “Fuoco Che Danza”.
Il titolo è singolare, cosa rappresenta ‘Pi’ta Naku Owaci’?

Pi’ta Naku Owaci” è la traduzione in Lakota (uno dei ceppi linguistici Sioux) di “Fuoco Che Danza”.All’interno del libro ci sono altre piccole espressioni nella lingua nativa che possono avvicinare il lettore a questo popolo un po’ magico. Naturalmente a pie’ pagina ci sono le traduzioni e, in alcuni casi, le spiegazioni del significato di certe espressioni.
Tra l’altro, non conoscendo questa lingua, ho avuto anche la fortuna di conoscere in Facebook Stefano Bruni, che si è occupato sia delle traduzioni che della realizzazione dell’immagine di copertina.
Tra le svariate attività ti occupi anche di organizzare eventi per emergenti, presentazioni nello specifico. Di cosa ti occupi e come ci si può mettere in contatto con te?

Mi diverte moltissimo organizzare eventi come, per l’appunto, le presentazioni degli autori emergenti. Sono un po’ multifunzione in questa attività; mi occupo di tutto ciò che è legato all’evento, come trovare la location, realizzare le locandine, fare da relatore se l’autore lo desidera.
A breve, ad esempio, presenterò a Roma il libro di Angelo Iannelli, “L’io diviso”, pubblicato da Aracne Editore
Inoltre posso darti un’anticipazione che è ancora in divenire: con la responsabile della Biblioteca Comunale di Cerveteri stiamo pensando ad una serie di presentazioni dedicate ad autori emergenti. Chi fosse interessato, può mettersi in contatto con me attraverso Facebook (nel profilo, sotto al mio nome, compare “Cuore di Lupo”) oppure per mail scrivendo a
shawnee.lee1961@gmail.com
Progetti di cui vuoi metterci a parte?

Progetti ce ne sono tantissimi. Al momento sto terminando la trilogia di cui ti parlavo, poi mi è balenata per la testa un’idea per un archeo-thriller ambientato nella mia terra, le Marche. Ci sono poi due raccolte, una di romanzi brevi e una di racconti, che devo revisionare.
Poi c’è la seconda edizione del “Memorial Miriam Sermoneta”, qualche concorso a cui vorrei partecipare, le presentazioni e ovviamente il lavoro.
Diciamo che di idee ce ne sono a sufficienza per un anno, senza dimenticare quella di riprendere “Nuovi Autori nel Cuore di Roma”, se si verificassero le condizioni favorevoli.
E’ stato un piacere ospitarti nel mio blog, sei una persona poliedrica e interessante. In bocca al lupo per tutto.

Grazie nuovamente a te per il tempo e lo spazio che mi hai dedicato e, come dico sempre io… EVVIVA IL LUPO! Che crepino i cacciatori, i cattivi, gli invidiosi e i portasfiga.
Su questo mi trovi perfettamente in sintonia!

Per seguire Anna   ANNA MARIA FUNARI AUTRICE

 

lunedì 1 luglio 2013

INTERVISTA A CARLA CUCCHIARELLI

Ciao Carla, benvenuta nel mio blog. Raccontaci qualcosa di te.

Ciao Linda, piacere e grazie per l’ospitalità. E’ sempre difficile rompere il ghiaccio, ti dispiacerebbe farmi una domanda più diretta?
Sei una giornalista del Tg Regionale Rai del Lazio. Come vivi la tua professione? Di cosa ti occupi?

Grazie per aver capito la mia difficoltà ! Adoro la mia professione, sono una di quelle persone fortunate che sono riuscite a fare nella vita quello che si erano prefisse sin da piccole. Negli anni il mio modo di lavorare è cambiato molto e ho visto e vissuto molte realtà, piccole e grandi, sempre con lo stesso entusiasmo. 
Anche il passaggio dalla carta stampata al giornalismo televisivo è stato interessante. Vivo il mio lavoro come un arricchimento continuo. Per me rappresenta la possibilità di conoscere direttamente gli eventi e le persone, è uno stimolo. Quando posso mi occupo prevalentemente di arte e cultura, altrimenti sono in redazione impegnata nella realizzazione del telegiornale.
C’è un particolare aneddoto di cui vuoi metterci a parte del tuo trascorso di giornalista?

Come ti dicevo sono passata dalla carta stampata al giornalismo televisivo e il primo aneddoto che mi viene in mente è proprio legato a quel periodo. Il mio primo servizio, il primo che andò in onda, era relativo all’Infiorata, mi pare a Genzano, cittadina a pochi chilometri da Roma. Trascorsi quasi tutta la domenica fuori con la troupe, documentandomi, facendo interviste e costringendo l’operatore a filmare il possibile. Tornai con tre cassette di materiale, felice. Avevo, come puoi immaginare, quasi un’ora di girato. Ma fui subito riportata alla realtà dal caposervizio :“Bene, fai un servizio di un minuto, uno solo, mi raccomando, non di più !” Da allora ho imparato la lezione.
Coltivi, oltre alla passione per la letteratura, quella del cinema. Parlacene.

Il cinema … il cinema, quando è arte, è letteratura per immagini, spunti, pensieri, fantasie, sogno. Un viaggio in un’altra dimensione. Sono cresciuta con il cinema.
Sei un’appassionata lettrice. Qual è il romanzo da cui non ti separeresti mai e quello che avresti gettato dalla finestra?

Anche questa è una domanda difficile:  alla seconda non risponderò perché sarebbe scortese nei confronti di chi ha scritto il libro, quanto al romanzo da cui non mi separerei mai credo ce ne siano diversi, ognuno legato ad un periodo particolare della mia vita. Non saprei scegliere.
Quando hai deciso di impugnare la penna e cimentarti nel mestiere di ‘scrittrice’?

Ho sempre sognato scrivere, sin da quando ero piccola. Non ho mai avuto il coraggio però. In qualche modo scrivere vuol dire anche esporsi e scorticarsi, cercare dentro, andare a fondo, tirare fuori. Ho dovuto lottare contro le mie remore per farlo, poi un giorno ho trovato la forza e ho iniziato a frequentare un corso di scrittura creativa. Il passaggio, dunque, è avvenuto gradualmente. Come amo dire siamo sempre in cammino e la meta è sempre lontana.
Nel 2009 pubblichi il tuo primo lavoro “Perché le mamme soffrono. Storie vissute nell’universo Salvamme” edito da Armando Editore. Un libro particolare che vede la collaborazione di altri due autori : Vincenzo Mastronardi e Maria Grazia Passeri. Com’è l’esperienza dello scrivere ‘a sei mani’ e che consigli daresti agli emergenti che vorrebbero cimentarsi in questa prova letteraria?
 
“Perché la mamme soffrono” è un lavoro particolare, cui sono molto legata. E’ la storia dell’associazione “Salvamamme” fondata proprio da Maria Grazia Passeri per aiutare le donne in difficoltà.  Un’associazione bellissima che negli anni, a Roma e non solo, ha dato a tantissime mamme vestiti, oggetti, aiuti concreti e psicologici, grazie anche al riciclo. Le volontarie raccolgono tutto ciò che altre mamme vogliono donare, abiti o giochi usati, ad esempio, che poi vengono riadattati e distribuiti a chi ne ha bisogno.  Nel gruppo però ci sono anche avvocate, psicologhe e persino un pediatra e il telefono
del “Salvamamme” suona in continuazione.
Ho passato molto tempo nella sede dell’associazione intervistando le donne che arrivavano quotidianamente e sono entrata in contatto con le loro storie di povertà, solitudine, abbandono, violenza. E’ stata un’esperienza umana bellissima. Ho scoperto, ad esempio, quanto avessero voglia di parlare e di raccontarsi: nessuno si preoccupa mai di ascoltarle davvero. Quanto al libro, ognuno di noi ha scritto la sua parte, chiaramente differenziata nel testo. Io ho svolto un lavoro prettamente giornalistico. Non ho quindi consigli particolari per chi volesse cimentarsi in questa prova, se non quello di scegliere, se possibile, le persone con cui lavorare. Io sono stata fortunata. Ho imparato molto dai miei compagni (e le mie compagne) di viaggio.
Nel 2012 pubblichi il tuo primo romanzo dal titolo “Ho ucciso Bambi”. Quali temi affronti in questo libro?

“Ho ucciso Bambi” è la storia di due ragazzine, due bulle se così le vogliamo definire, che un giorno decidono di fare una strage nella loro classe, spinte da un odio profondo verso una loro compagna, ma soprattutto dalla rabbia contro un mondo che sentono ostile. 
Il tema portante direi che è proprio questo. Ho cercato di vedere cosa c’è dietro una strage, cosa c’è dietro il bullismo e nel complesso modo di pensare degli adolescenti di oggi. La loro storia, ovviamente, è una storia estrema, ma la solitudine dei giovani, il sentirsi in qualche modo abbandonati dalla società e dagli adulti, temo, sia un tratto dei nostri giorni.








Com’è nata l’idea per il tuo romanzo?
Come nascono le idee, piano piano.
Quando ho iniziato a scriverlo volevo raccontare la storia di una sopravvissuta, tema che mi è molto caro. Dal personaggio di Sara, la sopravvissuta , sono nati gli altri, in particolare Silvia, la vera protagonista del libro. E’ stata lei che poi ha preso il sopravvento.  Silvia è una prepotente, un’accentratrice, una piccola ribelle che mi ha dato la mano e trascinato nel suo vortice. Ovviamente ci sono le vicende degli ultimi tempi, le stragi nei college americani che abbiamo imparato a conoscere, gli episodi di bullismo femminile che ogni tanto ascoltiamo …

Con questo romanzo hai ottenuto due riconoscimenti: il ‘Premio Profumo d’Autrice’ nell’ambito del Premio Internazionale di Cattolica e il ‘Premio Scriviamo Insieme’  nel quale ti classifichi seconda. Cosa ricordi di queste esperienze?
Una grande gioia, direi che è la prima cosa che mi viene in mente. Pur trattandosi di piccoli riconoscimenti per me hanno voluto dire molto. Sapere che qualcuno ha letto e apprezzato ciò che hai scritto è importante, ti permette di andare avanti, di impegnarti ancora.

Sempre nel 2012 partecipi al ‘Premio Chiara Inediti 2012’ con una raccolta di racconti “Non accettare caramelle dagli sconosciuti” che si classifica seconda. Parlacene.
 “Non accettare caramelle dagli sconosciuti” è un insieme di racconti al femminile, tutti ispirati alla cronaca e tutti con lo stesso incipit. Ho tentato di dar voce a situazioni che mi avevano colpito, dalle bambine sfigurate con l’acido alla pensionata che si è uccisa perché temeva le portassero via la casa. Mi sono solo ispirata alle loro storie, però, ne ho raccontate altre, di fantasia, in cui aleggiava il fantasma della realtà.

Qualche progetto futuro di cui vuoi metterci a parte?
Ho molti progetti, come puoi ben capire, ma è ancora presto per parlarne. Però ti posso dire che  da poco ho finito di scrivere un nuovo lavoro, questa volta di tipo giornalistico, la biografia di un personaggio molto affascinante. Si chiamava Luigi Di Sarro, pittore e medico, che perse la vita in un drammatico incidente nel 1979, durante gli anni di piombo.  Il libro s’intitolerà “Quella notte a Roma” e dovrebbe uscire nei prossimi mesi. Magari te ne parlerò la prossima volta, se sarai così cortese di ascoltarmi di nuovo.

Assolutamente sì! E’ stato un piacere ospitarti nel mio blog. In bocca al lupo per il tuo nuovo lavoro!
Che crepi!  In bocca al lupo anche a te per il tuo blog, Linda. E’ stato un piacere conoscerti!


Per seguire Carla   HO UCCISO BAMBI